libero accesso

Diritto amministrativo

Edilizia e Urbanistica

09 | 05 | 2025

Il rapporto tra sequestro penale ed eseguibilità, da parte dell’intimato, dell’ingiunzione di demolizione

Valerio de Gioia

Con sentenza n. 4003 del 9 maggio 2025, la settima sezione del Consiglio di Stato è intervenuta sulla tematica relativa all’esistenza di un rapporto di pregiudizialità tra sequestro penale ed eseguibilità, da parte dell’intimato, dell’ingiunzione di demolizione, in ordine alla quale si sono formati tre diversi orientamenti in seno al Consiglio di Stato.

Secondo una prima tesi, l’esistenza di un sequestro penale sul bene abusivo non avrebbe alcun rilievo sull’efficacia e sulla procedibilità del (parallelo) procedimento amministrativo sanzionatorio, ritenendosi, come sopra ricordato, che l'autore dell'abuso, destinatario dell'ordinanza di demolizione, avrebbe sempre la possibilità di conformarsi all’ordine richiedendo un temporaneo dissequestro all'autorità giudiziaria competente (in tal senso: Cons. Stato, sez. VI, 28 gennaio 2016, n. 283; sez. IV, 23 gennaio 2012, n. 282) e dunque non potrebbe invocare, a sua discolpa, l’impedimento derivante dal sequestro penale. Tuttavia, tale orientamento è per più versi criticabile (vedasi, in questo senso, Cons. Stato, Sez. VI, 17 maggio 2017, n. 2337) ed infatti: a) impone al responsabile dell'abuso un obbligo di presentare l'istanza di dissequestro, configurando a suo carico un obbligo di facere che non trova alcun fondamento normativo; b) indebitamente limitandolo, rischia di pregiudicare irreparabilmente il diritto di quest’ultimo a difendersi nel procedimento penale. Infatti - anche a voler trascurare che l’esecuzione della demolizione, ancorché forzosa, potrebbe comunque indirettamente implicare un’ammissione della colpevolezza penale - l’indagato potrebbe avere un interesse contrario sia al temporaneo dissequestro, che, soprattutto, alla mancata conservazione del bene abusivo nello stato in cui si trovava al momento del provvedimento cautelare, almeno nel caso in cui confidi di poter dimostrare la legittimità del manufatto (che per tale motivo necessariamente dovrebbe “rimanere in piedi”), al fine di ottenere l’assoluzione in sede penale. È evidente, pertanto, che costringerlo alla demolizione (rectius: a rinunciare all’effetto di preservazione dello status quo che il sequestro penale comunque gli garantisce) significherebbe vulnerarne, talora irrimediabilmente, le prerogative defensionali costituzionalmente garantite. Anche in considerazione delle suddette criticità, da altre decisioni è stata prospettata una diversa, ed opposta tesi, a lume della quale l'ordine di demolizione adottato in costanza di sequestro, avendo un oggetto impossibile, dovrebbe considerarsi addirittura nullo per la mancanza di un elemento essenziale. Vi è infine un terzo orientamento, che potrebbe definirsi intermedio fra i primi due, che, superando le criticità di entrambi, propone un contemperamento fra le due opposte esigenze dell’interesse pubblico ad un sollecito ripristino della regolarità urbanistica minacciata dall’abuso ed alla connessa tutela del territorio, e della difesa del soggetto sottoposto a procedimento penale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 luglio 2024, n. 6157; id., 23 marzo 2022, n. 2122; 2 ottobre 2019, n. 6592; 20 luglio 2018, n. 4418). Il Consiglio di Stato ha aderito a questo terzo orientamento, anche condividendo le argomentazioni contenute in Cons. Stato, sez. V, 4 novembre del 2024, n. 8270. Quest’ultima prospettazione, innanzitutto, non riconosce al sequestro penale dell'immobile alcuna capacità di incidere sulla legittimità dell'ordinanza di demolizione. Il che, prima ancora che giuridicamente, si presenta come soluzione anche logicamente più corretta; infatti, diversamente opinando, la tutela del territorio, che è una competenza amministrativa dell’ente locale, sarebbe condizionata da una circostanza che fuoriesce dalla sua sfera di controllo, quale appunto un provvedimento del giudice penale, che potrebbe in radice inibire l’esercizio del relativo potere. Il cui accadimento, per di più, potrebbero persino non essere noto alla suddetta autorità. In secondo luogo, il concreto contemperamento fra l’interesse pubblico alla tutela del territorio e quello, privato, all’esercizio del diritto di difesa nel processo penale, si realizza, secondo questa lettura, grazie ad un effetto di congelamento, per tutta la durata del sequestro penale, impresso al decorso del termine assegnato nell’ordinanza al privato, per provvedere alla demolizione o alla rimessione in pristino. In sostanza, si ritiene che detto termine non decorra sin quando l'immobile rimane sotto sequestro, a prescindere dunque dall'autonoma iniziativa della parte, ovvero dall’iniziativa ufficiosa dell’A.G. penale (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 19 gennaio 2024, n. 638, e la giurisprudenza ivi richiamata; sez. VII, 20 giugno 2024, n. 5504). I giudici amministrativi hanno aderito a quest’ultimo orientamento, e non solo perché esso rappresenta il più ragionevole punto di contemperamento fra le due esigenze sopra-indicate, ma anche perché la sua applicazione si rivela vieppiù acconcia nel caso di specie, che ha ad oggetto, non l’ordine di demolizione, ma la sola sanzione per mancata ottemperanza all’ordine di demolizione, irrogata alla parte ai sensi dell’art. 31, comma 4-bis, d.P.R. n. 380/2001. In questo caso dunque - anche considerando che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 16 del 2023 ha ritenuto che presupposto necessario per l’irrogazione della predetta sanzione sia la colpevolezza del soggetto inottemperante – risulterebbe ancor più ingiusto irrogare alla parte appellante la pena pecuniaria; infatti, persistendo il sequestro penale che rendeva inesigibile la condotta attiva presupposta dalla norma, non è evidentemente configurabile, a suo carico, un’addebitabilità psicologica dell’inerzia. Conseguentemente mancando la suitas della condotta, impedita dal factum principis rappresentato dal decreto di sequestro preventivo, la suddetta condotta omissiva non può ritenersi meritevole di sanzione.