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Diritto processuale penale

Esecuzione

08 | 05 | 2025

L’attività investigativa preventiva finalizzata all’acquisizione di elementi di prova per l'eventuale promovimento del giudizio di revisione della sentenza di condanna

Valerio de Gioia

Con sentenza n. 17499 del 6 febbraio-8 maggio 2025, la prima sezione penale della Corte di Cassazione è intervenuta in tema di indagini difensive finalizzate al promovimento del giudizio di revisione.

È noto che il difensore, cui è conferito mandato ai sensi dell'art. 391-nonies c.p.p., può compiere attività investigativa preventiva, consistente nella ricerca e individuazione di elementi di prova per l'eventuale promovimento del giudizio di revisione della sentenza di condanna. Lo svolgimento di tale attività di indagine può rendere necessario l'intervento del giudice e, ove ciò si verifichi, il giudice competente a concedere eventuali autorizzazioni è quello dell'esecuzione, secondo lo schema processuale di cui all'art. 667, comma 4, c.p.p., posto che l'attività istruttoria è prodromica all'eventuale presentazione dell'istanza di revisione (Cass. pen., sez. I, 5 dicembre 2006, n. 1599; Cass. pen., sez. I, 12 gennaio 2021, n. 2603).

In ordine alle caratteristiche che deve avere la prova, per essere autorizzata, si è chiarito che, in tema di indagini difensive finalizzate alla ricerca e all'individuazione di elementi di prova per l'eventuale promovimento del giudizio di revisione, è legittima l'ordinanza del giudice dell'esecuzione di rigetto dell'istanza del condannato nel caso in cui essa sia meramente esplorativa o mirata ad accertamenti che appaiono, all'evidenza, superflui o inidonei a determinare modificazioni sostanziali del quadro probatorio (in motivazione la Corte ha aggiunto che spetta alla parte dedurre la decisività dell'atto d'indagine difensiva richiesto e l'utilità che si mira a conseguire attraverso l'esercizio del diritto) (Cass. pen., sez. I, 3 maggio 2018, n. 44591).

Sulla scia di tale condivisibile principio, è stato recentemente affermato che, in tema di indagini difensive finalizzate alla ricerca e all'individuazione di elementi di prova per l'eventuale promovimento del giudizio di revisione, il giudice dell'esecuzione deve valutare l'ammissibilità e la fondatezza della richiesta del condannato, onde verificare che la stessa abbia ad oggetto una prova nuova, ossia sopravvenuta o scoperta dopo la condanna, e decisiva, ossia in grado di dimostrare che il condannato deve essere prosciolto, e non sia meramente esplorativa, ma indichi il diverso specifico risultato al quale si intende pervenire grazie al chiesto accertamento (Cass. pen., sez. I, 21 marzo 2024, n. 22615). Tale ultima pronuncia ha in particolare ritenuto che nel perimetro della decisione che deve prendere il giudice dell’esecuzione rientri anche una valutazione sulla utilità dell’accertamento richiesto ai fini del giudizio di revisione e sulla novità della prova che si vorrebbe introdurre in esso; si è anche chiarito che l’attribuzione al giudice dell’esecuzione di un potere di valutazione della “non  esploratività” della istanza e della “novità” della prova non rende il suo giudizio una anticipazione della valutazione di ammissibilità della prova che compete al giudice della revisione; non è pregiudicante rispetto alla decisione del giudice della revisione, che non è in alcun modo condizionato processualmente dalla diversa valutazione del giudice dell’esecuzione e dall’eventuale esaurimento delle vie di impugnazione della sua decisione; non comporta la sovrapposizione tra il giudizio del giudice dell’esecuzione e quello del giudice della revisione, perché quello del giudice dell’esecuzione ha un perimetro molto più limitato, sia quanto a potere di filtro della “non esploratività” che quanto ad ampiezza della motivazione, perché le sue attribuzioni nella materia in esame trovano il loro fondamento, in definitiva, soltanto nel suo ruolo di dominus delle statuizioni sui beni in sequestro che si ricava dall’art. 676 c.p.p.: «l’ordinanza che decide l’incidente di esecuzione non deve, pertanto, vagliare funditus la idoneità degli accertamenti tecnici invocati a scardinare il giudizio di responsabilità, ma, nell’ambito del potere di filtro sul diritto alla prova, che è coessenziale al sistema processuale, e che gli spetta quale giudice che procede, si deve limitare a respingere le istanze di accertamenti non nuovi, in quanto già dedotti o deducibili, o che sono “superflui o inidonei a determinare modificazioni sostanziali del quadro probatorio”, secondo la formula usata dalla pronuncia Calvia» (Cass. pen., sez. I, 21 marzo 2024, n. 22615).

Riferimenti Normativi:

  • Art. 391 novies, c.p.p.
  • Art. 667, c.p.p.
  • Art. 676, c.p.p.
  • Art. 391 novies, c.p.p.
  • Art. 667, c.p.p.
  • Art. 676, c.p.p.