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Diritto civile

Persone e Famiglia

08 | 05 | 2025

Il mantenimento dei figli maggiorenni

Valerio de Gioia

Con ordinanza n. 12121 dell’8 maggio 2025, la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha affermato chela  norma centrale sui diritti del figlio, che correlativamente definisce anche i doveri dei genitori, è l’art. 315-bis c.c. introdotto dalla legge di riforma della filiazione 10 dicembre 2012, n. 219, che non distingue tra i diritti del figlio maggiorenne e del figlio minorenne se non al comma terzo, per il diritto di ascolto, proprio solo del figlio minorenne perché quest’ultimo non ha la capacità di agire e attraverso l’ascolto è comunque ammesso ad esprimere la propria opinione e le proprie esigenze sulle questioni che lo riguardano. Analogamente né l’art. 316 c.c. (responsabilità genitoriale) né l’art. 316 bis c.c. (concorso nel mantenimento) distinguono tra figli minorenni e figli maggiorenni e nessuna distinzione opera l’art. 30 della nostra Costituzione, il quale afferma che «è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio».

La ragione della mancata distinzione ben si comprende ove si consideri che la riforma della filiazione, operata con la L. 219/2012 e completata con il D.L.vo 28 dicembre 2013 n. 154, diretta a dare piena attuazione al disposto costituzionale, ha sostituito l’obsoleto istituto della potestà genitoriale con quello della responsabilità genitoriale, sostituzione che non è, come la più avveduta dottrina ha osservato, meramente terminologica, ma costituisce un cambio di rotta e una innovazione che testimonia una mutata considerazione del rapporto tra genitori e figlio nella quale vengono posti in primo piano i diritti di quest’ultimo. La dottrina ha infatti sin dal primo momento evidenziato un particolare elemento di differenziazione sostanziale che caratterizza la responsabilità genitoriale rispetto alla potestà e ne testimonia il carattere più ampio e che si coglie sotto il profilo dell’assenza di una limitazione temporale, che era originariamente era fissato dall'art. 316 c.c. al compimento della maggiore età dei figli o alla loro emancipazione. Pertanto, pur cessando i poteri di rappresentanza, la cura che il genitore deve prestare al figlio prosegue ben oltre il raggiungimento della maggiore età e fino al conseguimento della indipendenza economica. L’adempimento degli obblighi corrispondenti ai diritti previsti dall’art. 315 bis c.c., tenendo conto delle capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni del figlio, costituisce l’oggetto principale della responsabilità genitoriale; per cui, come sottolinea la relazione illustrativa, la responsabilità genitoriale non viene meno con la maggiore età, ma perdura, quantomeno nella sua componente economica, sino a che il figlio non abbia raggiunto l’indipendenza. In questo contesto, l’art. 337-septies c.c. non costituisce la fonte dell’obbligo dei genitori, ma piuttosto la norma che specifica la modalità con il quale il dovere di mantenimento si assolve – in caso di scissione della coppia genitoriale- nei confronti dei figli maggiorenni: e cioè con il pagamento di un assegno periodico, qualora non sia ancora conseguita l’autonomia economica, versato direttamente all’avente diritto, salvo diversa determinazione del giudice. A questi principi si giustappone il principio di autoresponsabilità, cui richiamare il figlio per impedirgli di abusare del suo diritto, poiché il diritto del figlio si giustifica, come emerge anche dal dettato costituzionale, all'interno e nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso formativo, tenendo conto delle sue capacità, inclinazioni ed aspirazioni, ma anche del dovere del medesimo di ricercare un lavoro contemperando, fra di loro, le sue aspirazioni astratte con il concreto mercato del lavoro, non essendo giustificabile nel figlio adulto l'attesa ad ogni costo di un'occupazione necessariamente equivalente a quella desiderata (si vedano Cass. civ. 12952/2016; Cass. civ. n. 5088/2018; Cass. civ. n. 29264/2022; Cass. civ. 26875/2023; Cass. civ. n. 12123/2024). Al termine, la Suprema Corte ha enunciato i seguenti principi di diritto: il dovere dei genitori di mantenere i figli, stabilito dall’art 315-bis c.c. e correlato alla responsabilità genitoriale, non cessa ipso facto con il raggiungimento da parte di costoro della maggiore età ma termina solo nel momento in cui il figlio consegue l’autonomia economica, o avrebbe dovuto farlo secondo i paramenti di una diligente condotta, da accertare con riferimento al caso concreto.  In tema di mantenimento dei figli maggiorenni, in conformità ai principi generali sull’onere della prova, spetta a chi agisce in giudizio invocando la sussistenza del diritto o, all’opposto, il venir meno dei presupposti della sua persistenza, ovvero una estinzione o modificazione dei fatti costitutivi che avevano sorretto il suo riconoscimento, in primo luogo un onere di allegazione ed in secondo luogo l’onere della dimostrazione delle circostanze allegate ed in ipotesi contestate, onere quest’ultimo che si giova della possibilità di invocare presunzioni precise e univoche, che, laddove presenti, determinano nel controinteressato l’onere di dimostrare il contrario, secondo l’ordinario meccanismo processuale della prova per presunzione semplice. In tale ambito sono destinate a operare semplificazioni probatorie e presunzioni giurisprudenziali, ben potendosi il genitore, ai fini dell’assolvimento dell’onere probatorio a suo carico, avvalere di presunzioni che, in ragione del decorso del tempo, operano contro il persistere del diritto al mantenimento, quando il figlio sia lontano dalla minore età. Per contro, in fattispecie di figlio maggiorenne ancora vicino alla minore età (vent’anni), va cassata la pronuncia di merito che, nell’escludere il contributo di mantenimento a carico del padre separato, si limiti a rilevare che la giovane non proseguiva gli studi, senza valutare affatto la sua condizione concreta e cioè la sua capacità lavorativa in relazione alla sua formazione professionale e alle possibilità concrete del mercato del lavoro locale in generale (in Sicilia, nella provincia di Ragusa) e alla occupazione femminile in particolare, senza neppure considerare che, nel giudizio di separazione personale iniziato quando la figlia era ancora minorenne, in sede di precisazione delle conclusioni il padre stesso aveva chiesto che gli venisse imposto un assegno in favore della figlia neomaggiorenne.

Riferimenti Normativi:

  • Art. 315 bis, c.c.
  • Art. 315 bis, c.c.
  • Art. 315 bis, c.c.