libero accesso

Diritto amministrativo

Edilizia e Urbanistica

28 | 04 | 2025

Il volume tecnico va escluso dal perimetro degli incrementi volumetrici che rilevano ai fini della normativa paesaggistica e ai fini della normativa condonistica

Valerio de Gioia

Con sentenza n. 3592 del 28 aprile 2025, la settima sezione del Consiglio di Stato ha affrontato la questione se, la realizzazione di un volume tecnico implica un aumento volumetrico che – in base alla normativa paesaggistica (D.L.vo n. 42 del 2004) e anche condonistica (D.L. n. 269 del 2003) –, possa da solo ostare alla sanatoria dell’abuso in zona vincolata.

La giurisprudenza in materia non è affatto univoca. La diversità di indirizzi dipende – in ultima istanza – dalla particolare nozione di incremento volumetrico che si vuole adottare per impedire la sanatoria dell’abuso realizzato su un’area paesaggisticamente vincolata.

In base ad un primo indirizzo, infatti, l’incremento di superficie utile (di per sé ostativo al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica postuma e anche del condono ex D.L. n. 269 del 2003) va decodificato alla luce della normativa edilizia di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, atteso che né il D.L.vo n. 42 del 2004 né il D.L. n. 269 del 2003 chiariscono nitidamente il contenuto di tale nozione. In base a tale prospettiva ermeneutica, pertanto, alla nozione di superficie utile (quale elemento ostativo alla sanatoria postuma di un intervento abusivo su un’area vincolata) va assegnato il contenuto che la giurisprudenza amministrativa attribuisce all’identica nozione in materia edilizia. Con essa viene individuata, da sempre, la realizzazione di superficie calpestabile, di regola non esposta alle intemperie, che può essere oggetto di una fruizione di tipo abitativo/residenziale/commerciale, o comunque atta allo svolgimento di attività umane (non necessariamente private) di varia natura, e cioè di contenuto quasi mai (o raramente) pre-determinato “a priori”. L’ulteriore connotato caratterizzante è dato dall’autonoma utilizzabilità dello spazio creato, che viene valorizzato di per sé come bene singolo, non necessariamente, né sempre, connesso ad altri, per poter essere esposto ad una molteplicità di possibili usi. Per tali motivi, e soprattutto per l’ultima caratteristica, da detta nozione risultano tradizionalmente esclusi i beni accessori o pertinenziali, quali ad esempio i balconi, i terrazzi, le recinzioni (queste ultime allorquando non escludono l’accesso e servono solo a delimitare i confini fra i terreni) e strutture simili (vedasi Cons. Stato, sez. VI, 17 marzo 2022, n. 1932; Cons. Stato, sez. VI, 11 febbraio 2022, n. 1002) ivi inclusi i volumi tecnici (Cons. Stato, sez. I n. 1993/2022) proprio perché si tratta di elementi che presentano una destinazione unica e vincolata (invece che plurime funzionalità, potenzialmente concorrenti, per la fruizione individuale). Pertanto, il rinvio ai concetti di volumetria e superficie utile, previsto dalla normativa paesaggistica e condonistica, non può che interpretarsi nel senso di un rinvio al significato tecnico-giuridico che tali concetti assumono in materia urbanistico-edilizia, trattandosi di nozioni tecniche specificate dalla normativa urbanistico-edilizia e non dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (Cons. Stato, sez. VI, 26 aprile 2021 n. 3352, 6 aprile 2020, n. 2250 e 31 marzo 2014, n. 1512; Cons. Stato, sez. III 26 aprile 2016, n. 1613). Ne deriva che non può essere ipotizzato un concetto di “volume” in un’accezione a-tecnica o eccedente il significato specialistico che si rinviene nella normativa urbanistico-edilizia, per giungere alla conclusione di un’astratta preclusione normativa rispetto a una valutazione che va, invece, ragionevolmente espressa in funzione della natura dell’opera che di volta in volta viene in rilievo, in modo da porla in concreta ed effettiva relazione, ai fini del successivo giudizio di compatibilità paesaggistica, con il contesto paesaggistico tutelato (Cons. Stato, sez. VI, n. 2250/2020 cit. e sez. VI, 13 maggio 2016, n. 1945). Alla luce di tale primo orientamento interpretativo, pertanto, il mero volume tecnico non può ricadere nel perimetro di quegli incrementi di volume e superficie che – se realizzati in una zona vincolata – ostano ex se al rilascio del condono edilizio in base al D.L. n. 269 del 2003.

In base ad un secondo più rigoroso indirizzo interpretativo (Cons. Stato, sez. VI, 9 dicembre 2024, n. 9851; Cons. Stato, sez. VI, 26 aprile 2023, n. 4172), tuttavia, sia l’accertamento di compatibilità paesaggistica postuma sia il condono ex D.L. n. 269 del 2003, non possono mai essere rilasciati se l’opera abusiva ha comportato un aumento di volumetria di qualunque tipo (anche se si tratta, pertanto, soltanto di un volume tecnico). In tale prospettiva, le qualificazioni giuridiche rilevanti sotto il profilo urbanistico ed edilizio non hanno rilievo quando si tratta di qualificare le opere sotto il profilo paesaggistico, sia quando si tratti della percezione visiva di volumi, a prescindere dalla loro destinazione d’uso, sia quando comunque si tratti di modificare un terreno o un edificio, o il relativo sottosuolo; pertanto, la natura del volume edilizio realizzato (sia o meno qualificabile come volume tecnico) non rileva sul giudizio di compatibilità paesaggistica ex post delle opere: “la nuova volumetria, quale che sia la sua natura, impone una valutazione di compatibilità con i valori paesaggistici dell’area (che deve compiersi da parte della autorità preposta alla tutela del vincolo, ovvero dalla competente Soprintendenza in sede di redazione di un suo parere), mentre sono radicalmente precluse autorizzazioni postume per le opere abusive che abbiano comportato la realizzazione di nuovi volumi” (Cons. Stato, sez. I, parere n. 1305/2019 del 29 aprile 2019). Alla luce di questo secondo orientamento, pertanto, anche la realizzazione di un volume tecnico è insuscettibile di condono edilizio ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, posto che qualsiasi incremento volumetrico – anche se inteso in senso a-tecnico – è comunque incompatibile con le istanze paesaggistiche che sono sottese sia alla normativa sul “terzo” condono, sia alla normativa sull’autorizzazione paesaggistica postuma.

Il Consiglio di Stato ha aderito al primo dei due orientamenti sopra richiamati, in linea di continuità con quanto già fatto dalla giurisprudenza più recente (cfr. Cons. Stato, sez. VII, 19 marzo 2025, n. 2269). Va da sé che il volume tecnico – non integrando alcun incremento volumetrico urbanisticamente rilevante ai sensi della normativa edilizio-urbanistica (d.P.R. n. 380 del 2001) – va escluso dal perimetro degli incrementi volumetrici che rilevano ai fini della normativa paesaggistica (D.L.vo n. 42 del 2004) e ai fini della normativa condonistica (D.L. n. 269 del 2003). Ne discende che la realizzazione di un mero volume tecnico in un’area vincolata non può da sola mai integrare un abuso maggiore di cui ai numeri 1, 2 e 3 dell’allegato 1, D.L. n. 269 del 2003. Ad ulteriore conferma di quanto precede, va osservato che nel momento in cui si accede alla tesi (già sostenuta da Cons. Stato, sez. VII, 19 marzo 2025, n. 2269) secondo cui il mero volume tecnico edificato in un’area vincolata non integra mai un incremento volumetrico automaticamente ostativo all’autorizzazione paesaggistica postuma ex art. 167, D.L.vo n. 42 del 2004, appare ragionevole sostenere lo stesso per il condono edilizio ex D.L. n. 269 del 2003. Diversamente opinando, infatti, lo stesso manufatto abusivo potrebbe paradossalmente finire per essere: a) da un lato assistito da un’autorizzazione paesaggistica postuma ex art. 167, D.L.vo n. 42 del 2004; b) dall’altro lato vietato da un diniego di condono edilizio basato sulla natura asseritamente “maggiore” dell’abuso. 

Riferimenti Normativi:

  • Art. 167, d.l.vo 22 gennaio 2004, n. 42