Diritto amministrativo
Responsabilità
17 | 04 | 2025
Il risarcimento del danno da perdita di «chance»
Carol Gabriella Maritato
Con sentenza n. 3057 del 9 aprile 2025, la quinta sezione del Consiglio
di Stato ha affermato che, secondo la costante giurisprudenza amministrativa, la
responsabilità della pubblica amministrazione per esercizio illegittimo
dell’attività provvedimentale ha natura di responsabilità da fatto illecito
aquiliano e conseguentemente, costituiscono elementi costitutivi di questa
fattispecie sia i presupposti di carattere oggettivo (prova del danno e del suo
ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia quelli di carattere
soggettivo (dolo o colpa del danneggiante) (ex multis Cons. Stato, sez. VI, 24
maggio 2022, n. 4100; Ad. plen., 23 aprile 2021, n. 7; sez. II, 20 maggio 2019,
n. 3217; sez. IV, 15 gennaio 2019, n. 358).
L'esercizio illegittimo della funzione amministrativa non integra di per sé la colpa dell'amministrazione, dovendo anche accertarsi se l'adozione (o la mancata o ritardata adozione) del provvedimento amministrativo lesivo sia conseguenza della grave violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede - alle quali deve essere costantemente ispirato l'esercizio dell'attività amministrativa - e si sia verificata in un contesto di fatto ed in un quadro di riferimento normativo tale da palesare la negligenza e l'imperizia degli uffici o degli organi dell'Amministrazione, ovvero se per converso la predetta violazione sia ascrivibile all'ipotesi dell'errore scusabile, per la ricorrenza di contrasti giurisprudenziali, per l'incertezza del quadro normativo o per la complessità della situazione di fatto (ex multis Cons. Stato, sez. VI, 30 agosto 2021, n. 6111; sez. VI, 14 novembre 2014, n. 5600; sez. V, 9 ottobre 2013, n. 4968). Si è inoltre affermato in giurisprudenza che, qualora l'evento dannoso si ricolleghi a una pluralità di condotte, trova applicazione l'art. 41 c.p., che costituisce norma di carattere generale valevole anche in materia di responsabilità civile, in base alla quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute non esclude il nesso causalità, tranne che si accerti l'esclusiva efficienza causale di una di esse (Cons. Stato, sez. III, 28 maggio 2021, n. 4116). È del pari ius receptum che l'azione risarcitoria innanzi al giudice amministrativo sia retta dal principio giuridico tradizionale secondo cui "onus probandi incumbit ei qui dicit", per cui chi lamenta di aver subito un danno ingiusto dall'illegittimo od omesso svolgimento dell'attività amministrativa ha l'onere di provare la condotta asseritamente illecita dell'amministrazione ed il nesso causale con il danno patito (ex multis Cons. Stato, sez. VI, 22 settembre 2023, n. 8488). Con riferimento specifico al risarcimento da perdita di chance, con la sentenza in esame, il Consiglio di Stato ha dichiarato di aderire alla teoria della chance ontologica, avuto riguardo ai recenti arresti della giurisprudenza in materia, applicando per analogia, venendo del pari in rilievo una procedura concorsuale, la giurisprudenza relativa al risarcimento del danno da perdita di chance di aggiudicazione di appalto pubblico. Ed invero in un passaggio della sentenza dell’Adunanza Plenaria 23 aprile 2021, n. 7 si identifica la chance come «una posizione giuridica autonomamente tutelabile – morfologicamente intesa come evento di danno rappresentato dalla perdita della possibilità di un risultato più favorevole (e in ciò distinta dall'elemento causale dell'illecito, da accertarsi preliminarmente e indipendentemente da essa) – purché ne sia provata una consistenza probabilistica adeguata». Come evidenziato poi da Cons. Stato, sez. VI, 13 settembre 2021 n. 6268 “Il riconoscimento della risarcibilità della perdita di ‘chance’, come è noto, è frutto di una lenta evoluzione interpretativa. Si tratta, invero, di figura elaborata al fine di ‘traslare’ sul versante delle situazioni soggettive ‒ e, quindi, del danno ingiusto ‒ un problema di causalità incerta: quello cioè delle fattispecie in cui non sia affatto possibile accertare, già in astratto e in termini oggettivi, se un determinato esito vantaggioso (per chi lo invoca) si sarebbe o meno verificato senza l’ingerenza illecita del danneggiante. Per superare l’impasse dell’insuperabile deficienza cognitiva del processo eziologico, il sacrificio della ‘possibilità’ di conseguire il risultato finale viene fatto assurgere a bene giuridico ‘autonomo’. Mentre nel diritto privato le ipotesi più ricorrenti riguardano la responsabilità medica (quando si imputa la mancata attivazione di una cura o intervento sanitario il cui esito sarebbe stato tuttavia incerto), nel campo del diritto amministrativo la lesione della ‘chance’ viene invocata per riconoscere uno sbocco di tutela (sia pure per equivalente) a quelle delle aspettative andate ‘irrimediabilmente’ deluse a seguito dell’illegittimo espletamento (ovvero del mancato espletamento) di un procedimento amministrativo. La fattispecie presa in considerazione è quella in cui il vizio accertato dal giudice amministrativo consiste nella violazione di una norma di diritto pubblico che ‒ non ricomprendendo nel suo raggio di protezione l’interesse materiale ‒ assicura all’istante soltanto la possibilità di conseguire il bene finale. L’«ingiustizia» del nocumento assume ad oggetto soltanto il ‘quid’ giuridico, minore ma autonomo, consistente nella spettanza attuale di una mera possibilità. Nella moderna economia di mercato, del resto, anche la diminuzione di probabilità di eventi patrimoniali favorevoli può rilevare come perdita patrimoniale, non solo i danni fisici intesi come distruzione di ricchezza tangibile.