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Diritto amministrativo

Situazioni giuridiche soggettive

16 | 04 | 2025

L’aspra conflittualità familiare – anche se il procedimento penale per maltrattamenti è stato archiviato – giustifica la revoca del porto d’armi

Valerio de Gioia

Con sentenza n. 3285 del 16 aprile 2025, la terza sezione del Consiglio di Stato ha affermato che gli artt. 11, 39 e 43 TULPS, letti congiuntamente, prevedono che la licenza di portare armi possa essere revocata a soggetti cui è contestata l’assenza di “buona condotta” o che non diano “affidamento di non abusare delle armi”. Si tratta di espressioni assai generiche da cui la giurisprudenza, come noto, ha dedotto che quelli in materia di autorizzazione e revoca al c.d. porto d’armi siano procedimenti caratterizzati da un’assai lata discrezionalità amministrativa.

I relativi provvedimenti di segno negativo possono, quindi, essere adottati sulla base di un giudizio ampiamente discrezionale circa la prevedibilità dell’abuso, potendo assumere rilevanza anche fatti isolati, ma significativi, e potendo l’Amministrazione valorizzare nella loro oggettività sia fatti di reato, sia vicende e situazioni personali del soggetto che non assumano rilevanza penale, anche non attinenti alla materia delle armi, da cui si possa comunque desumere la non completa affidabilità circa l’uso delle stesse. Conseguentemente, il divieto non richiede una particolare motivazione e il successivo vaglio del giudice amministrativo deve limitarsi alla sussistenza dei presupposti idonei a far ritenere che le valutazioni effettuate non siano irrazionali o arbitrarie (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. III, 31 maggio 2024, n. 4914).

Nel caso di specie il provvedimento è motivato da una situazione di aspra conflittualità familiare, desunta dalla richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero si legge, infatti: «quanto all’ipotizzato reato di cui all’art. 572 c.p. nei confronti della -OMISSIS-e del figlio -OMISSIS- dalla lettura completa degli atti e dalle sommarie informazioni acquisite dagli indagati e da terzi testimoni emerge in modo palese che i querelanti vivono un rapporto di genitorialità fortemente conflittuale, certamente caratterizzato dal ricorrente verificarsi di episodi di aggressione fisica o verbale del tutto reciproci».

Dalle risultanze del procedimento penale emerge come le reciproche denunce non rappresentino una vicenda isolata, ma vadano inquadrate in un contesto familiare caratterizzato da accesa litigiosità e non privo di episodi di violenza.

La giurisprudenza amministrativa ha già avuto modo di chiarire che, in relazione ad una situazione familiare caratterizzata da tensioni e litigi, è ragionevole, e comunque insindacabile nella sede della giurisdizione di legittimità, la scelta dell’Amministrazione di prevenire che la situazione possa degenerare, vietando la detenzione di armi e munizioni nei confronti di chi risulta comunque coinvolto in tali tensioni familiari (Cons. Stato, sez. III, 18 marzo 2019, n. 1790). A ciò si aggiunga che il titolare dell’autorizzazione a detenere armi, oltre a dover essere persona assolutamente esente da emende o da indizi negativi, deve anche assicurare non solo la sua sicura e personale affidabilità circa il buon uso, ma anche che non vi sia il pericolo che abusi possano derivare da parte dei soggetti con cui ha relazioni familiari o personali (Cons. Stato, sez. III, 18 agosto 2022, n. 7273).

Riferimenti Normativi:

  • Art. 11, r.d. 18 giugno 1931, n. 773
  • Art. 39, r.d. 18 giugno 1931, n. 773
  • Art. 43, r.d. 18 giugno 1931, n. 773
  • Art. 11, r.d. 18 giugno 1931, n. 773
  • Art. 39, r.d. 18 giugno 1931, n. 773
  • Art. 43, r.d. 18 giugno 1931, n. 773