Diritto amministrativo
Responsabilità
11 | 04 | 2025
Il divieto di attività parassitaria (cosiddetto «ambush marketing»)
Valerio de Gioia
Con
sentenza n. 3118 dell’11 aprile 2025, la sesta sezione del Consiglio di Stato ha
esaminato la prima applicazione concreta delle nuove disposizioni in materia di
divieto di attività parassitaria (cosiddetto “ambush marketing”) contenute nel D.L.
11 marzo 2020 n. 16 (recante «Disposizioni urgenti per l'organizzazione e lo
svolgimento dei Giochi olimpici e paralimpici invernali Milano Cortina 2026 e
delle finali ATP Torino 2021 - 2025, nonché in materia di divieto di attività
parassitarie») convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 8 maggio
2020, n. 31 (in particolare negli articoli da 10 a 14).
Per effetto dell’articolo 10 del d.l. citato (a far data dal 13 maggio 2020) «sono vietate le attività di pubblicizzazione e commercializzazione parassitarie, fraudolente, ingannevoli o fuorvianti poste in essere in relazione all'organizzazione di eventi sportivi o fieristici di rilevanza nazionale o internazionale non autorizzate dai soggetti organizzatori e aventi la finalità di ricavare un vantaggio economico o concorrenziale». In particolare vengono vietate quattro condotte specifiche: - (i) la creazione di un collegamento anche indiretto fra un marchio o altro segno distintivo e uno degli eventi prima citati, idoneo a indurre in errore il pubblico sull'identità degli sponsor ufficiali; - (ii) la falsa rappresentazione o dichiarazione nella propria pubblicità di essere sponsor ufficiale di un evento tra quelli prima citati; - (iii) la promozione del proprio marchio o altro segno distintivo tramite qualunque azione, non autorizzata dall'organizzatore, che sia idonea ad attirare l'attenzione del pubblico, posta in essere in occasione di uno degli eventi prima citati, e idonea a generare nel pubblico l'erronea impressione che l'autore della condotta sia sponsor dell'evento sportivo o fieristico medesimo; - (iv) la vendita e la pubblicizzazione di prodotti o di servizi abusivamente contraddistinti, anche soltanto in parte, con il logo di un evento sportivo o fieristico tra quelli prima citati ovvero con altri segni distintivi idonei a indurre in errore il pubblico circa il logo medesimo e a ingenerare l'erronea percezione di un qualsivoglia collegamento con l'evento ovvero con il suo organizzatore o con i soggetti da questo autorizzati. Non costituiscono attività di pubblicizzazione parassitaria le condotte poste in essere in esecuzione di contratti di sponsorizzazione conclusi con singoli atleti, squadre, artisti o partecipanti autorizzati a uno degli eventi prima richiamati. I divieti appena elencati operano a partire dalla data di registrazione dei loghi, brand o marchi ufficiali degli eventi in parola fino al centottantesimo giorno successivo alla data ufficiale del termine degli stessi (art. 11 del d.l. in esame). La normativa appena richiamata ha rilevanza squisitamente pubblicistica. Nell’ipotesi, infatti, che qualcuno violi i divieti di cui sopra l’Autorità garante della concorrenza e del mercato è chiamata ad accertare le violazioni e ad irrogare la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 100.000 euro a 2,5 milioni di euro (art. 12 del d.l. in esame). Ma il cosiddetto “ambush marketing” può assumere rilevanza anche sul piano della tutela civile e della tutela penale. L’art. 12 appena citato prevede l’irrogazione della sanzione pecuniaria «Salvo che la condotta costituisca reato o più grave illecito amministrativo». E l’art. 13, D.L. 16/2020 chiarisce, ove ce ne fosse stato bisogno, che le previsioni di natura pubblicistica in esame «non escludono l'applicazione delle altre previsioni di legge a tutela dei soggetti che deducono la lesione di propri diritti o interessi per effetto delle condotte di cui all'articolo 10» [si pensi alla disciplina sulla tutela della concorrenza, ovvero alla disciplina dei marchi, o, ancora, all’art. 21 del codice del consumo che vieta le pratiche commerciali idonee ad indurre in errore i consumatori su elementi come l'esistenza o la natura del prodotto, le sue caratteristiche, la portata degli impegni del professionista e così via]. Sul tema della pubblicità parassitaria il giudice civile ha stabilito alcuni principi che possono essere così sintetizzati: - la pratica dell’“ambush marketing” consiste nell’associazione di un marchio o di un prodotto ad un evento di grande risonanza mediatica, effettuata senza l’autorizzazione dell’organizzatore dell’evento; [per inciso, conviene ricordare che la European Sponsorship Association nel «Policy Paper on Ambush Marketing» del 2014 distingue tre tipi fondamentali di pratiche di questo tipo: “ambush by association”, caratterizzato da un’associazione indiretta del marchio all’evento; “ambush by intrusion”, con il quale l’ambusher dà visibilità al suo marchio nei luoghi in cui si svolge l’evento o nelle loro immediate vicinanze; “opportunistic marketing”, con il quale l’ambusher approfitta di determinati episodi svoltisi durante l’evento per dare visibilità al suo marchio]; - la pratica dell’“ambush marketing” è considerata ingannevole, poiché induce in errore il consumatore medio sull’esistenza di rapporti di sponsorizzazione ovvero di affiliazione o comunque di collegamenti con i titolari di diritti di proprietà intellettuale invece, insussistenti e costituisce un’ipotesi particolare di concorrenza sleale contraria alla correttezza professionale che può trovare tutela nell’alveo generale dell’art. 2598, comma 3, c.c.; - con la figura dell’“ambush marketing” il concorrente sleale associa abusivamente l’immagine ed il marchio di un’impresa ad un evento di particolare risonanza mediatica senza essere legato da rapporti di sponsorizzazione, licenza o simili con l’organizzazione della manifestazione; in tal guisa lo stesso si avvantaggia dell’evento senza sopportarne i costi, con conseguente indebito agganciamento all’evento ed interferenza negativa con i rapporti contrattuali tra organizzatori e soggetti autorizzati; - si tratta di illecito plurioffensivo, ove i soggetti danneggiati sono l’organizzatore dell’evento, il licenziatario (o sponsor) ufficiale ed infine il pubblico.
Riferimenti Normativi: