Diritto civile
Responsabilità
06 | 03 | 2025
Le Sezioni Unite sulla responsabilità della P.A. in caso di illegittimo trattenimento a bordo di una nave costiera di migranti non ancora compiutamente identificati
Giovanna Spirito
Con ordinanza n. 5992 del 6 marzo 2025, le Sezioni Unite della
Corte di Cassazione hanno escluso che il rifiuto dell’autorizzazione allo
sbarco dei migranti soccorsi in mare protratto per dieci giorni possa
considerarsi quale atto politico sottratto al controllo giurisdizionale.
Si è in presenza, piuttosto, di un atto che esprime una funzione amministrativa da svolgere, sia pure in attuazione di un indirizzo politico, al fine di contemperare gli interessi in gioco e che proprio per questo si innesta su una regolamentazione che a vari livelli, internazionale e nazionale, ne segna i confini. Le motivazioni politiche alla base della condotta non ne snaturano la qualificazione, non rendono, cioè, politico un atto che è, e resta, ontologicamente amministrativo. Non vi è dunque difetto assoluto di giurisdizione. Nella misura in cui l’ambito di estensione del potere discrezionale, anche quello amplissimo che connota un’azione di governo, è circoscritto da vincoli posti da norme giuridiche che ne segnano i confini o ne indirizzano l’esercizio, il rispetto di tali vincoli costituisce un requisito di legittimità e di validità dell’atto, sindacabile nelle sedi appropriate. E tra tali vincoli rilievo primario ha certamente il rispetto e la salvaguardia dei diritti inviolabili della persona. L’azione del Governo, ancorché motivata da ragioni politiche, non può mai ritenersi sottratta al sindacato giurisdizionale quando si ponga al di fuori dei limiti che la Costituzione e la legge gli impongono, soprattutto quando siano in gioco i diritti fondamentali dei cittadini (o stranieri), costituzionalmente tutelati. L’obbligo del soccorso in mare corrisponde ad una antica regola di carattere consuetudinario, rappresenta il fondamento delle principali convenzioni internazionali, oltre che del diritto marittimo italiano e costituisce un preciso dovere tutti i soggetti, pubblici o privati, che abbiano notizia di una nave o persona in pericolo esistente in qualsiasi zona di mare in cui si verifichi tale necessità; come tale esso deve considerarsi prevalente su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare. Le Convenzioni internazionali in materia, cui l’Italia ha aderito, costituiscono, dunque, un limite alla potestà legislativa dello Stato e, in base agli artt. 10, 11 e 117 della Costituzione, non possono costituire oggetto di deroga sulla base di scelte e valutazioni discrezionali dell’autorità politica, poiché assumono, in base al principio “pacta sunt servanda”, un rango gerarchico superiore rispetto alla disciplina interna; tale obbligo trova una più dettagliata enunciazione, con riguardo alla specifica attività di soccorso in mare, nella Convenzione per la salvaguardia della vita umana in mare (c.d. Convenzione SOLAS, acronimo di Safety Of Life At Sea, del 1974 …), nella Convenzione internazionale sulla ricerca e il soccorso in mare (c.d. Convenzione SAR, acronimo per Search And Rescue, anche nota come Convenzione di Amburgo, ratificata dall’Italia con legge 3 aprile 1989, n. 147 …) , nonché nella Convenzione delle Nazioni Unite di Montego Bay sul Diritto del Mare del 1982 (c.d. Convenzione UNCLOS, acronimo per United Nations Convention on the Law of the Sea, ratificata dall’Italia con legge 2 dicembre 1994, n. 689). Per le Sezioni Unite, lo Stato responsabile del soccorso deve organizzare lo sbarco «nel più breve tempo ragionevolmente possibile» (Convenzione SAR, capitolo 3.1.9), fornendo un luogo sicuro in cui terminare le operazioni di soccorso; … per “luogo sicuro” si intende un “luogo” in cui sia garantita non solo la “sicurezza” – intesa come protezione fisica – delle persone soccorse in mare, ma anche il pieno esercizio dei loro diritti fondamentali, tra i quali, ad esempio, il diritto dei rifugiati di chiedere asilo; in capo agli Stati residua, infatti, un margine di “discrezionalità tecnica” solo ai fini dell’individuazione del punto di sbarco più opportuno, tenuto conto del numero dei migranti da assistere, del sesso, delle loro condizioni psicofisiche nonché in considerazione della necessità di garantire una struttura di accoglienza e cure mediche adeguate. Le operazioni di soccorso erano state di fatto assunte sotto la responsabilità di una autorità SAR italiana, la quale era tenuta in base alle norme convenzionali a portarle a termine, organizzando lo sbarco, «nel più breve tempo ragionevolmente possibile». Le Sezioni Unite, sono state anche chiamare a valutare se il trattenimento dei migranti a bordo della nave Diciotti integri, oppure no, un’arbitraria violazione della libertà personale. Rilievo particolare assume al riguardo l’art. 5 par. 1 lett. f) CEDU il quale ammette, eccezionalmente, la privazione della libertà personale nella peculiare ipotesi in cui si tratti dell’arresto o della detenzione regolari di una persona per impedirle di entrare illegalmente nel territorio, oppure di una persona contro la quale è in corso un procedimento di espulsione o di estradizione. In tale prospettiva, però, escluso che il trattenimento a bordo della nave costiera di migranti non ancora compiutamente identificati (e potenzialmente titolari del diritto di asilo ex art. 10, comma 3, Cost.) possa essere inquadrato nell’ambito di procedimenti di espulsione o di estradizione, non può nemmeno ipotizzarsi che detto trattenimento possa trovare copertura sovranazionale quale misura (assimilabile all’arresto o alla detenzione regolare) finalizzata a impedire l’ingresso illegale nel territorio. Una tale interpretazione della norma convenzionale è stata chiaramente respinta dalla Corte EDU nella sentenza Khlaifia and Others v. Italy, relativa ad un caso – per alcuni aspetti analogo a quello in esame – di trattenimento di migranti tunisini a bordo di navi, ormeggiate nel porto di Palermo, per effetto di un atto dell’Esecutivo. Perché un evento dannoso sia imputabile a responsabilità della p.a., tale imputazione non potrà avvenire sulla base del mero dato obiettivo della illegittimità del provvedimento amministrativo, richiedendo, invece, una più penetrante indagine in ordine alla valutazione della colpa, che, unitamente al dolo, costituisce requisito essenziale della responsabilità aquiliana. La sussistenza di tale elemento sarà riferita non al funzionario agente, ma alla p.a. come apparato, e sarà configurabile qualora l’atto amministrativo sia stato adottato ed eseguito in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione alle quali deve ispirarsi l’esercizio della funzione amministrativa, e che il giudice ordinario ha il potere di valutare, in quanto limiti esterni alla discrezionalità amministrativa. Non si può, in linea di principio, escludere la rilevanza dell’errore scusabile commesso dalla P.A.: elemento essenziale per la sussistenza dell’errore scusabile è, quindi, l’inevitabilità dello stesso, determinata da cause oggettive, estranee all’agente, che finisce per escludere la colpevolezza, intesa quale forma di qualificazione dell’azione soggettiva nelle fattispecie di responsabilità. Non può condurre a diversa conclusione il fatto che, nel caso della nave Diciotti, il Senato della Repubblica abbia negato l’autorizzazione a procedere nei confronti del Ministro dell’Interno richiesta dal Tribunale dei Ministri di Catania per il reato di sequestro di persona pluriaggravato: la legge Cost. n. 1 del 1989 è evidentemente diretta a garantire la funzione governativa attribuendo al Parlamento il potere di sottrarre alla giurisdizione penale ordinaria determinate condotte nei casi previsti dall’art. 9, comma 3 («interesse dello Stato costituzionalmente rilevante» o «perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo»). L’autorizzazione della camera di appartenenza, secondo le norme stabilite con legge costituzionale, è prevista … solo per i «reati» commessi dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dai Ministri nell’esercizio delle loro funzioni, anche se cessati dalla carica. Le norme di dettaglio regolano la procedura in una prospettiva esclusivamente penalistica. Se principio cardine di uno Stato costituzionale di diritto è la giustiziabilità di ogni atto lesivo dei diritti fondamentali della persona, ancorché posto in essere dal Governo e motivato da ragioni politiche, la sottrazione dell’agire politico a tale sindacato – pur prevista, in presenza di determinati presupposti, da norma costituzionale – non può che costituirne l’eccezione, come tale soggetta a interpretazione tassativa e riferibile, dunque, solo alla responsabilità penale.
Riferimenti Normativi: