Diritto civile
Persone e Famiglia
19 | 11 | 2024
L’adozione di maggiorenni: funzione e presupposti
Giovanna Spirito
Con ordinanza n. 29684 del 19 novembre 2024, la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha affermato che, per procedere all'adozione di maggiorenne occorre, oltre al consenso dell'adottante e dell'adottando (art. 296 c.c.), soggetti tra i quali si costituisce il rapporto adottivo, l'assenso dei genitori dell'adottando, del coniuge dell'adottante e di quello dell'adottando non separati legalmente (art. 297 c.c.), nonché dei figli maggiorenni dell'adottante (Corte Costituzionale n. 937/1988 e n. 345/1992 quali soggetti che subiscono rilevanti ripercussioni di status, proprio in seguito all'adozione; il Tribunale può ugualmente pronunciare l'adozione, se ritiene ingiustificato o contrario all'interesse dell'adottando il rifiuto dell'assenso da parte dei genitori o dei discendenti dell'adottante, Corte Cost. n. 345/1992). L'adozione in esame è «essenzialmente determinata dal consenso dell'adottante e dell'adottando, giacché il controllo del Tribunale verte sui requisiti che legittimano l'adozione, essendo rimesso al giudice il ristretto potere di valutare se l'adozione "conviene" all'adottando (art. 312 del codice civile)» (Corte Costituzionale sentenza n. 89 del 1993, punto 3 del Considerato in diritto). Nell'adozione di persone maggiori di età, al giudice non è attribuito alcun discrezionale apprezzamento dell'interesse della persona dell'adottando, né possono essere effettuati quegli incisivi controlli previsti per l'adozione di minori, che significativamente rispecchiano la diversità di presupposti e di finalità dei due istituti (Corte Costituzionale n. 89/1993; Cass. civ. 3766/2024). L'art. 298, comma 2, c.c. stabilisce poi che, «finché il decreto non è emanato, tanto l'adottante quanto l'adottando possono revocare il consenso»; e questa Corte (Cass. cov- 1133/1988) ha affermato che, «nel procedimento di adozione di persona maggiorenne disciplinato dagli articoli 291 e seguenti (nuovo testo) del codice civile, la revoca del consenso dell'adottante o dell'adottato deve essere espressa prima della pronuncia del tribunale e non anche prima della pronuncia della Corte d'appello in sede di reclamo, essendo questa ultima meramente eventuale e non potendosi consentire che un atto dispositivo della parte ponga nel nulla il provvedimento del tribunale». Effettivamente, l'istituto dell'adozione di maggiorenne ha assunto nel tempo una funzione anche sociale di riconoscimento giuridico di una relazione sociale, affettiva ed identitaria nonché di una storia personale, tra adottante ed adottato, in quanto legati, sulla base di una frequentazione quotidiana, da saldi vincoli personali, morali e civili (cfr. Cass. civ. 7667/2020, con la quale si è affermato che, in una interpretazione costituzionalmente orientata, anche alla luce dell'art. 8 della CEDU, può essere operata una ragionevole riduzione del divario di età fissato dall'art. 291 c.c. tra adottante ed adottato, «al fine di tutelare situazioni familiari consolidatesi da lungo tempo e fondate su di una comprovata affectio familiaris»; Cass. civ. 3577/2024). La Corte Costituzionale, da ultimo, si è nuovamente occupata dell'istituto con la recentissima sentenza n. 5 del 18 gennaio 2024 (di declaratoria dell'illegittimità costituzionale dell'art. 291, comma 1, c.c. nella parte in cui, per l'adozione del maggiorenne, non consente al giudice di ridurre, nei casi di esigua differenza e sempre che sussistano motivi meritevoli, l'intervallo di età di diciotto anni fra adottante e adottando), nella quale si è ribadita la linea evolutiva della stessa giurisprudenza costituzionale e di quella di legittimità in relazione anche alla mutata configurazione sociologica dell'adozione del maggiorenne, secondo la quale l'istituto si è aperto a funzioni diverse da quella primaria di procurare un figlio a chi non l'ha avuto in natura e nel matrimonio (adoptio in hereditatem): «L'adozione di persone maggiori di età non persegue più, e soltanto, per come vive attualmente nell'ordinamento, la funzione tradizionale di trasmissione del cognome e del patrimonio, con conseguenze destinate a riverberarsi sul mero piano di disciplina relativa agli alimenti e alle successioni, ma è divenuto uno strumento duttile e sensibile alle sollecitazioni della società, in cui assumono crescente rilevanza i profili personalistici, accanto a quelli patrimoniali. L'istituto - suggellando sovente l'effettiva e definitiva coincidenza tra situazione di fatto e status - formalizza legami affettivo-solidaristici che, consolidatisi nel tempo e preesistenti al riconoscimento giuridico, sono rappresentativi dell'identità dell'individuo. Il perimetro di riferimento è innanzitutto segnato dal fenomeno delle così dette famiglie ricomposte - in cui alle preesistenti relazioni di parentela si aggiungono nuovi legami, che trovano fondamento e consistenza in quella misura di affetti e solidarietà che è propria della comunità familiare - per poi spingersi ad assecondare istanze, in cui l'esigenza solidaristica resta variamente declinata». La Corte Costituzionale ha evidenziato come «le abitudini di vita acquisite e le relazioni affettive instaurate tra persone maggiori di età, stabilizzate nel tempo, ricevono riconoscimento giuridico in quanto descrivono storie personali di crescita e integrazione» e «la valorizzazione di una storia affettiva, per la parte in cui ha già trovato solida espressione sociale, riflette l'esistenza di un maturato percorso di identità personale, che non può essere privato del dovuto riconoscimento giuridico, pena la violazione dell'art. 2 Cost.». I principi si trovano già ribaditi nella sentenza della Corte Costituzionale n. 135 del 2023. Quindi, oltre alla funzione tradizionale ereditaria (per assicurare una discendenza), si accompagna oggi una funzione solidaristica dell’istituto, divenuto uno strumento duttile e sensibile alle sollecitazioni della società (cfr. Cass. civ. 3577/2024), ma restando comunque ferme le condizioni previste ai fini dell’autorizzazione all’adozione. Deve dunque escludersi la possibilità di ricorrere all'istituto dell'adozione civile soltanto per ragioni che ne distorcano il fondamento.
Riferimenti Normativi: