Diritto processuale penale
Giudizio
30 | 10 | 2024
La violazione del principio di correlazione tra contestazione e sentenza
Valerio de Gioia
Con sentenza n. 39977 del 12 settembre-30 ottobre 2024, la seconda
sezione penale della Corte di Cassazione, intervenendo in tema di correlazione
tra imputazione contestata e sentenza, ha affermato che, per aversi mutamento
del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della
fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla
legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da
cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa, sicché l'indagine
volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel
pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza
perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del
tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia
venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto
dell'imputazione (da ultimo, Cass. pen., sez. III, 10 febbraio 2023, n. 24932).
Ciò che rileva è che l'imputato non sia stato colto di sorpresa, per essere stato messo per la prima volta di fronte a un fatto del tutto nuovo senza avere avuto nessuna possibilità di effettiva difesa, ciò che accade quando non ha mai avuto l'occasione di interloquire sul punto, così trovandosi di fronte ad un fatto storico radicalmente trasformato in sentenza nei suoi elementi essenziali rispetto all'originaria imputazione, di cui rappresenti uno sviluppo inaspettato: dunque, la diversità del fatto, che impone la modifica del capo di imputazione e preclude al giudice di pronunciarsi, imponendogli di restituire gli atti al pubblico ministero, è solo quella che determina una effettiva lesione del diritto al contraddittorio e del conseguente diritto di difesa (Cass. pen., sez. II, 28 febbraio 2023, n. 10989; Cass. pen., sez. VI, 22 ottobre 2019, n. 18125). In altri termini, la violazione del principio di correlazione tra contestazione e sentenza è ravvisabile nel caso in cui il fatto ritenuto nella decisione si trovi, rispetto a quello contestato, in rapporto di eterogeneità, ovvero quando il capo d'imputazione non contenga l'indicazione degli elementi costitutivi del reato ritenuto in sentenza, né consenta di ricavarli in via induttiva, tenendo conto di tutte le risultanze probatorie portate a conoscenza dell'imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione (Cass. pen., sez. II, 29 marzo 2023, n. 21089). Del resto, il principio di correlazione tra accusa e sentenza costituisce estrinsecazione del diritto dell'imputato di essere informato, in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa formulata a suo carico, conformemente all'art. 111, comma 2, Cost., integrato dall'art. 6, comma 3, lett. a), Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, come interpretato dalla Corte EDU. Quest'ultima, invero, ha affermato che tale diritto è funzionale a quello di disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare le proprie difese – diritto garantito dall'art. 6, comma 3, lett. b), Convenzione E.D.U. – e del più generale diritto a un processo equo, per cui l'informazione data deve 6 contenere gli elementi necessari per permettere all'imputato di preparare le proprie difese (Corte E.D.U. Ciardelli contro Italia, 15 dicembre 1998; Mattoccia contro Italia, 25 luglio 2000; Drassich contro Italia, 11 dicembre 2007).
La stessa Corte di Strasburgo, peraltro, ha precisato che «l'informazione prevista dall'articolo 6 § 3 a) della Convenzione non deve necessariamente riportare gli elementi di prova sui quali si fonda l'accusa (X c. Belgio, no 7628/76, decisione della Commissione del 9 maggio 1977, Décisions et Rapports (DR) 9, pp. 169-171)» e che «per loro stessa natura, i capi d'imputazione sono redatti in maniera sintetica e le precisazioni relative alla condotta ascritta risultano normalmente dagli altri documenti del processo, quali l'ordinanza di rinvio a giudizio e gli atti contenuti nel fascicolo della procura messo a disposizione della difesa» (Corte E.D.U. Previti contro Italia, 8 dicembre 2009). Ciò significa che, ai fini della valutazione di corrispondenza tra pronuncia e contestazione di cui all'art. 521 c.p.p., deve tenersi conto non solo del fatto descritto in imputazione, ma anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell'imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione, sicché questi abbia avuto modo di esercitare le sue difese sul materiale probatorio posto a fondamento della decisione (Cass. pen., sez. VI, 13 novembre 2013, n. 47527). Dunque, la giurisprudenza convenzionale è consolidata (da ultimo, Corte E.D.U. Mandelli contro Italia, 20 ottobre 2015, che richiama Corte E.D.U. Previti contro Italia, 8 dicembre 2009) nel ritenere che, al fine di valutare la correlazione tra accusa e sentenza, non si debba far riferimento solo al capo di imputazione, dovendosi tener conto di tutto il coacervo probatorio contenuto negli atti del procedimento, atteso che costituiscono elementi conosciuti dall'imputato e che gli consentono di comprendere pienamente le accuse elevate contro di lui e di preparare in maniera adeguata la difesa.
Riferimenti Normativi: