Diritto amministrativo
Processo amministrativo
22 | 10 | 2024
I presupposti dell’errore di fatto revocatorio
Giovanni D'Amore
Con
sentenza n. 8456 del 22 ottobre 2024, la quinta sezione del Consiglio di Stato
ha definito i presupposti per invocare la revocazione per errore di fatto,
distinguendo quest’ultimo dall’ipotesi dell’errore di diritto, che non
legittima il rimedio processuale citato.
Occorre sottolineare che l'errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 106 c.p.a. e 395 n. 4, c.p.c., deve rispondere a tre requisiti: 1) Derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto fattuale, ritenendo così un fatto documentale escluso, ovvero inesistente un fatto documentale provato; 2) Attenere a un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; 3) Essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l'erronea presupposizione e la pronuncia stessa (da ultimo Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 2431/2015).
L'errore deve, inoltre, apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche (Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 6006/2013). Pertanto, l'errore di fatto revocatorio è configurabile nell'attività preliminare del giudice di lettura e percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza e al loro significato letterale - senza coinvolgere la successiva attività d'interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni ai fini della formazione del convincimento, così che rientrano nella nozione dell'errore di fatto di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c., i casi in cui il giudice, per svista sulla percezione delle risultanze materiali del processo, sia incorso in omissione di pronunzia o abbia esteso la decisione a domande o ad eccezioni non rinvenibili negli atti del processo (Cons. Stato, sez. III, sentenza n. 3053/2012) - esso, invece, non ricorre nell'ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali o di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi, queste, che danno luogo, semmai, ad un ipotetico errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione, la quale altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado del giudizio, non contemplato dall'ordinamento (Cons. Stato, sez. V, sentenze nn. 2542/2024, 1078/2018 e 5657/2015; sez. IV, sentenze nn. 7696/2024, 13/2017, 3993/2015 e 5187/2013; sez. III, sentenza n. 5212/2012; sez. VI, sentenze nn. 161/2022 e 587/2012; Cass. Civ., sez. I, sentenza n. 836/2012; sez. II, sentenza n. 7488/2011).
L’errore revocatorio è, inoltre, configurabile in ipotesi di omessa pronuncia su una censura sollevata dalla parte istante o su un’eccezione prospettata dalla controparte, purché risulti evidente dalla lettura della sentenza che in nessun modo il giudice ha preso in esame la censura medesima o l’eccezione; si deve trattare, in altri termini, di una totale mancanza di esame e/o valutazione del motivo o dell’eccezione e non di un difetto di motivazione della decisione (Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 1331/2016 e 264/2015; sez. IV, sentenza n. 4099/2015). Esula poi dal perimetro dell’errore revocatorio quello che si sostanzia nell’erronea interpretazione delle norme di diritto disciplinanti la fattispecie controversa (Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 4828/2014; sez. VI, sentenza n. 4505/2013).
Alla luce dei consolidati principi poc’anzi illustrati, deve escludersi che una sentenza sia frutto di errore revocatorio quando l’errore denunciato dal ricorrente, ove anche sussistente, si risolve in un inesatto o incompleto apprezzamento del materiale probatorio da parte del giudice, ovvero in un’anomalia del procedimento logico di interpretazione dello stesso e, quindi, in un’ipotesi che, semmai, darebbe luogo a un ipotetico errore di giudizio, non censurabile, giusta quanto più sopra osservato, mediante revocazione. Infatti, il motivo dedotto si sostanzierebbe in un’inammissibile critica al giudizio espresso dal giudice d’appello, che mira a introdurre artatamente una sorta di inesistente giudizio di terzo grado.