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Diritto amministrativo

Edilizia e Urbanistica

17 | 09 | 2024

Impugnazione titoli abilitativi edilizi: la «visuale panoramica», anche se priva di una diretta protezione giuridica, può rappresentare una qualità che incide sulla migliore fruibilità dell’immobile

Valerio de Gioia

Con sentenza n. 7612 del 17 settembre 2024, la quarta sezione del Consiglio di Stato ha ricordato che, con riguardo alle condizioni dell’azione giurisdizionale, in materia di impugnazione di titoli abilitativi edilizi, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (sentenza 9 dicembre 2021 n. 22) ha avuto modo di stabilire i seguenti principi di diritto: a) nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione ad agire e l’interesse al ricorso, quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambe e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione ad agire, valga da solo e in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato; b) l’interesse al ricorso correlato allo specifico pregiudizio derivante dall’intervento previsto dal titolo autorizzatorio edilizio che si assume illegittimo può comunque ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso; c) l’interesse al ricorso è suscettibile di essere precisato e comprovato dal ricorrente nel corso del processo, laddove il pregiudizio fosse posto in dubbio dalle controparti o la questione fosse rilevata d’ufficio dal giudicante, nel rispetto dell'art. 73, comma 3, c.p.a.

In ipotesi di impugnazione di un titolo edilizio, il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione ad agire, non vale dunque da solo e in automatico a dimostrare anche la sussistenza dell’ulteriore condizione dell’azione, costituita dall’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato (Cons. Stato, sez. VI, 27 luglio 2023, n. 7371). Nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, una volta affermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione ad agire e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambe e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, costituente elemento fisico-spaziale quale stabile collegamento tra un determinato soggetto e il territorio o l’area sulla quale sono destinati a prodursi gli effetti dell’atto contestato, valga da solo e in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato; va dunque valutato caso per caso se l’eventuale annullamento del titolo edilizio possa comportare effetti di riduzione in pristino rispetto all’opera edilizia, che si rivelino concretamente utili per il ricorrente, e non meramente emulativi, non essendo sufficiente la mera finalità demolitoria: l’interesse a ricorrere deve consistere in un’utilità ulteriore che il ricorrente mira a conseguire proponendo la sua azione; l’ordinamento giuridico non tutela infatti azioni meramente emulative (Cons. Stato, sez. IV, 31 agosto 2022, n. 7609). Recentemente, la quarta sezione del Consiglio di Stato, con sentenza 6 settembre 2024 n. 7464, ha avuto modo di ribadire che l’interesse alla tutela della visuale panoramica costituisce “un interesse di mero fatto, come tale, di regola, inidoneo a configurare una lesione giuridicamente rilevante utile ad integrare la condizione dell’interesse a ricorrere”, richiamando una pronuncia della Suprema Corte secondo la quale “... la panoramicità del luogo consiste in una situazione di fatto derivante dalla bellezza dell'ambiente e dalla visuale che si gode da un certo posto, che può trovare tutela nella servitù altius non tollendi ….Nondimeno, il diritto di veduta consistente nella fruizione di un piacevole panorama … esige che di esso sia previamente accertata l'esistenza. Ebbene, la veduta panoramica può essere acquistata, oltre che in via negoziale (a titolo derivativo), anche per destinazione del padre di famiglia o per usucapione (a titolo originario), necessitando, tuttavia, tali modi di costituzione non solo, a seconda dei casi, della destinazione conferita dall'originario unico proprietario o dell'esercizio ultraventennale di attività corrispondenti alla servitù, ma anche di opere visibili e permanenti, ulteriori rispetto a quelle che consentono la veduta….l'esistenza del diritto di veduta del panorama non può essere riconosciuta, indicandone la fonte nella mera preesistenza della visuale rispetto all'opera contestata. Ove bastasse, ai fini di ritenere validamente costituita la servitù di veduta panoramica, la mera esistenza in fatto di detta veduta, prima che l'opera contestata ne compromettesse l'esercizio, sarebbe leso il principio della tipicità dei modi di acquisto dei diritti reali” (Cass. civ., sez. II, 22 giugno 2023, n. 17922). È bensì vero che la visuale panoramica, anche se priva di una diretta protezione giuridica, può rappresentare una qualità che incide sulla migliore fruibilità dell’immobile e quindi sul suo valore economico e in questo senso, come ricordato dalla Adunanza plenaria, la sua compromissione può, in concreto, integrare i presupposti di un pregiudizio idoneo a configurare l’interesse a ricorrere, ma deve comunque trattarsi di un pregiudizio effettivo e “serio”: deve cioè trattarsi di una visuale effettivamente fruibile e connotata da evidenti, peculiari e qualificati profili di pregio, proprio per evitare che l’iniziativa giudiziaria finisca per essere piegata a fini meramente emulativi o comunque estesa sino a ricomprendere profili di danno meramente soggettivi, disancorati da dati di realtà (Cons. Stato, sez. IV , 6 settembre 2024, n. 7464).