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Diritto processuale penale

Esecuzione

13 | 09 | 2024

Fungibile il periodo della sottoposizione all'obbligo di dimora se accompagnato dall'arbitraria imposizione di obblighi che lo rendano assimilabile al regime degli arresti domiciliari

Giuseppe Molfese

Con sentenza n. 34725 del 24 maggio-13 settembre 2024, la prima sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che, ai fini della determinazione della pena detentiva da eseguire a seguito di condanna per un determinato reato, la misura cautelare dell'obbligo di dimora, subita in relazione ad esso, non è fungibile, ai sensi dell'art. 657 c.p.p., con la pena inflitta (Cass. pen., sez. I, 28 novembre 2007, n. 47428), non potendo l'imputazione dei periodi di misure coercitive alla pena espianda essere estesa a casi diversi da quelli tassativamente indicati (tra le altre, Cass. pen., sez. I, 26 febbraio 2001, n. 17223; Cass. pen., sez. I, 30 settembre 1997, n. 5376; Cass. pen., sez. VI, 23 marzo 1995, n. 1171).

Tale approdo giudiziario si fonda anche sui chiari principi esposti dalla Corte Costituzionale (ord. 215 del 1999) che, investita della questione di legittimità degli artt. 657, commi 1 e 2, c.p.p. e 57 della legge n. 689 del 1981, in relazione agli artt. 3 e 27 Cost., ha precisato la non riconducibilità dell'obbligo di dimora agli arresti domiciliari e, pertanto, la non detraibilità dalla pena inflitta, rilevando che «mentre la persona sottoposta alla misura degli arresti domiciliari, ancorché autorizzata ad assentarsi dal luogo degli arresti "nel corso della giornata" (e, quindi, non per più giorni consecutivi) per cause specifiche e per recarsi in determinati luoghi, non cessa per ciò solo di essere in stato di custodia e, pertanto, in una condizione di "non libertà", la persona sottoposta alla misura dell'obbligo di dimora è invece "libera" nell'ambito del territorio individuato dalla ordinanza applicativa, anche nell'ipotesi in cui le venga prescritto l'obbligo di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno». La questione da affrontare è, piuttosto, se la misura coercitiva non custodiale dell'obbligo di dimora imposta all'imputato nel corso del giudizio di merito, a dispetto della qualificazione operata dal giudice della cautela – in termini di obbligo di dimora – avesse il contenuto di una misura cuistodiale (gli arresti domiciliari), sicché, in virtù della fictio iuris, stabilita dall'art. 284, comma 5, c.p.p., il periodo della coercizione patita debba essere computato, ai sensi dell'art. 657, comma 1, c.p.p., per la determinazione della pena da eseguire. La giurisprudenza di legittimità è da tempo orientata ad affermare che «ai fini della determinazione della pena detentiva da eseguire a seguito di condanna per un determinato reato, la misura cautelare dell'obbligo di dimora subita in relazione ad esso, qualora sia accompagnata dall'arbitraria imposizione all'imputato di obblighi tali da renderla assimilabile al regime degli arresti domiciliari (nella specie, la previsione del divieto di allontanarsi dall'abitazione estesa all'intera giornata) è fungibile con la pena inflitta» (Cass. pen., sez. I, 19 gennaio 2012, n. 3664). La misura cautelare dell'obbligo di dimora, allorché è accompagnata, ai sensi dell'art. 283, comma 4, c.p.p., dal divieto di allontanarsi dall'abitazione per alcune ore del giorno rimane ontologicamente diversa dagli arresti domiciliari, salvo che sia accompagnata dall'arbitraria imposizione all'imputato di obblighi tal da renderla assimilabile a questi ultimi (Cass. pen., sez. II, 3 luglio 2015, n. 44502). Ai fini della determinazione della pena detentiva da eseguire a seguito di condanna per un determinato reato, la misura cautelare dell'obbligo di dimora subita in relazione ad esso, non è fungibile, ai sensi dell'art. 657 c.p.p., con la pena inflitta, salvo che sia accompagnata dall'arbitraria imposizione all'imputato di obblighi tali da renderla assimilabile al regime degli arresti domiciliari (Cass. pen., sez. I, 8 novembre 2016, n. 36231). Più recentemente è intervenuta Cass. pen., sez. I, 9 settembre 2021, n. 37302 che, nell'affrontare il tema connesso alla determinazione della pena detentiva da eseguire a seguito di condanna per un determinato reato, ha stabilito che la misura cautelare dell'obbligo di dimora non è fungibile ex art. 657 c.p.p., salvo che sia accompagnata dall'arbitraria imposizione all'imputato di obblighi tali da renderla assimilabile al regime degli arresti domiciliari, situazione che ricorre allorché l'obbligo della permanenza domiciliare sussista per un lasso di tempo eccedente le specifiche esigenze cautelari e quello usualmente trascorso nella dimora per le ordinarie necessità di vita, riposo e cura della propria e altrui persona. Da tali pronunce, espressione di un orientamento consolidato, si desume che l'elemento discretivo in grado di assimilare agli arresti domiciliari le restrizioni subite in forza della sottoposizione alla misura cautelare dell'obbligo di dimora con annesso obbligo di permanenza domiciliare, devono essere di tale estensione temporale da limitare, per la maggior parte della giornata, la libertà di uscire dall'abitazione. È certamente vero che l'art. 284, comma 3, c.p.p. consente, senza espresse limitazioni d'orario, l'applicazione, quale prescrizione accessoria, dell'ordine all'imputato di non allontanarsi dall'abitazione per alcune ore del giorno. Deve purtuttavia osservarsi come detta prescrizione, in quanto accessoria rispetto alla misura (non custodiale) in concreto applicata dell'obbligo di dimora, debba porsi nell'alveo della ratio della misura coercitiva in argomento, che è quella di limitare la possibilità di movimento dell'imputato, confinandolo all'interno del Comune di dimora abituale, o di una frazione dello stesso Comune. In sintesi, la prescrizione, in quanto accessoria rispetto alla misura applicata, non può snaturarne la ratio, finendo per imporre obblighi e prescrizioni propri di una misura custodiale come quella degli arresti domiciliari. Il fulcro della possibilità di assimilare agli arresti domiciliari l'obbligo di dimora è, cioè, rappresentato dalla imposizione del connesso divieto di allontanamento dall'abitazione ex art. 283, comma 4, c.p.p. per un lasso temporale quotidiano che risulti eccedente l'arco di tempo che usualmente viene trascorso nella dimora per le ordinarie necessità di vita, riposo e cura della propria o altrui persona, così oltrepassandosi quella naturale soglia di sacrificio che deriva necessariamente dalla sottoposizione a una misura cautelare non custodiale, e tale da trasformare l'originaria misura disciplinata dall'art. 283 c.p.p., per contenuto e modalità di esecuzione custodiali, in una misura ibrida.

Riferimenti Normativi:

  • Art. 657, c.p.p.