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Diritto penale

Reati in generale

21 | 08 | 2024

La sottile linea di confine tra violenza sessuale e molestia sessuale

Valerio de Gioia

Con sentenza n. 32770 del 11 luglio-21 agosto 2024, la terza sezione penale della Corte di Cassazione ha ribadito il principio, già espresso dalla giurisprudenza di legittimità (v., ex plurimis, Cass. pen., sez. III, 18 settembre 2019, n. 43423) che rientra nell'accezione di «atto sessuale», rilevante ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 609-bis c.p., non soltanto ogni forma di «congiunzione carnale», ma altresì qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, ancorché fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo, o comunque coinvolgente la corporeità sessuale di quest'ultimo, sia finalizzato ed idoneo a porre in pericolo la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale, non avendo rilievo determinante, ai fini del perfezionamento del reato, la finalità dell'agente e l'eventuale soddisfacimento del proprio piacere sessuale (Cass. pen., sez. III, 15 giugno 2006, n. 33464; Cass. pen., sez. III, 28 ottobre 2014, n. 21020).

Ed infatti, essendo il reato in esame posto a presidio della libertà personale dell'individuo, che deve poter compiere o ricevere atti sessuali in assoluta autonomia e nella pienezza dei propri poteri di scelta contro ogni possibile condizionamento, fisico o morale, e contro ogni non consentita e non voluta intrusione nella propria sfera intima, tale configurazione si riflette necessariamente sulla natura dell'atto in cui si estrinseca la condotta materiale dell'agente, avuto riguardo alla sua ambivalenza che, al di là delI'intendimento perseguito dal suo autore, ricade comunque sulla vittima. È perciò dalla stessa natura del bene giuridico protetto che deve ricavarsi la natura sessuale del gesto tutte le volte in cui Io stesso, pur concretizzandosi in un contatto corporeo, attinge parti che non necessariamente rientrano in quelle tradizionalmente definite come «erogene» (ove la natura sessuale dell'atto è indiscussa), essendo la sfera della sessualità, che non resta confinata sul piano strettamente fisico ma involge anche la sfera psichica e quella emotiva, suscettibile di modularsi diversamente in relazione ai valori del comune sentire che si consolidano nello specifico contesto storico, culturale e sociale di riferimento. Come evidenziato dalla citata sentenza 43423/2019, oltre agli atti di inequivoca valenza sessuale in ragione delle parti corporee coinvolte (zone genitali o comunque erogene) esiste, nella realtà fenomenica, una «zona grigia» comprensiva di quegli atti che, per il Ioro carattere ambivalente (ovverosia per le diverse finalità di cui possono essere, in astratto, espressione), che ne impone una necessaria opera di decodificazione. In tali casi, la riconducibilità alla dimensione sessuale degli atti rivolti al soggetto passivo, deve costituire oggetto di accertamento da parte del giudice del merito, secondo una valutazione che tenga conto della condotta nel suo complesso, del «contesto sociale e culturale» in cui l'azione è stata realizzata, della sua «incidenza sulla libertà sessuale» della persona offesa, del «contesto relazionale» intercorrente tra i soggetti coinvolti e di ogni altro dato fattuale qualificante (Cass. pen., sez. III, 26 novembre 2014, n. 964). Con specifico riferimento al «bacio», in particolare, la giurisprudenza di legittimità è uniformemente orientata nel ritenerlo quale «atto sessuale» anche nel caso in cui si risolva nel semplice contatto delle labbra (Cass. pen., sez. III, 29 ottobre 2009, n. 41536; Cass. pen., sez. III, 13 febbraio 2007, n. 25112, in cui si è sottolineata l'irrilevanza di distinzioni fondate suII'intensità dell'atto), mentre in altra occasione si è ritenuta la natura di atti sessuali in riferimento ad una serie ripetuta di baci da parte dell'agente nei confronti della vittima, non implicanti alcun contatto con le zone erogene (Cass. pen., sez. III, 12 febbraio 2014, n. 10248, relativa ad un caso simile al presente, in cui un preside aveva ripetutamente abbracciato e baciato sulle guance un'aIunna in luoghi appartati, trattenendola per i fianchi, chiedendole di baciarlo e rivolgendole apprezzamenti per il suo aspetto fisico). Conclusivamente, per decifrare il significato di «atto sessuale» è necessario fare riferimento sia ad un criterio oggettivistico-anatomico (parti del corpo attinte) e sia ad un criterio oggettivistico-contestuale, che tenga conto cioè del «contesto di azione», in maniera che dalle modalità della condotta nel suo complesso e da altri elementi significativi si accerti se vi sia stata o meno una indebita compromissione della libera determinazione della sfera sessuale altrui (Cass. pen., sez. III, 11 maggio 2016, n. 35591). In relazione alle modalità di estrinsecazione della condotta, l'orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., sez. III, 15 settembre 2021, n. 43617), è nel senso che l'espressione «atti sessuali» comprenda tutti quegli atti che (tramite violenza, minaccia, induzione o abuso di autorità) «siano idonei a compromettere la libera determinazione della sessualità della persona e ad invadere la sua sfera sessuale». Il concetto di violenza, in particolare, ricomprende al suo interno non solo le esplicazioni di energia fisica direttamente realizzate sulla persona offesa e volte a vincere la resistenza opposta dalla stessa, ma anche qualsiasi atto o fatto cui consegua la limitazione della libertà del soggetto passivo, in tal modo costretto a subire atti sessuali contro la propria volontà (Cass. pen., sez. III, 12 gennaio 2010, n. 6643). Il delitto in esame, inoltre, non necessita di una violenza tale da porre il soggetto passivo nell'impossibilità di opporre resistenza, essendo sufficiente che l'azione si compia in modo insidiosamente rapido, tanto da superare la volontà contraria della vittima. Ne consegue che, in tema di violenza sessuale, vanno considerati atti sessuali anche quelli insidiosi e rapidi, che riguardino zone erogene su persona non consenziente come palpamenti, sfregamenti, baci (Cass. pen., sez. III, 26 settembre 2013, n. 42871). Non si richiede pertanto che la violenza sia tale da annullare la volontà del soggetto passivo, ma è sufficiente che la volontà risulti coartata e che, di conseguenza, l'invasione della sera sessuale non sia voluta dalla vittima. Per i c.d. «toccamenti», vale il principio secondo il quale questi debbano considerarsi atti idonei in modo non equivoco (e quindi integranti il delitto tentato di violenza sessuale) a ledere la libertà sessuale della vittima ove riguardino parti corporee diverse da quelle genitali od erogene allorché, per cause indipendenti dalla propria volontà (pronta reazione della vittima o per altre ragioni), l'agente non riesca a toccare la parte corporea intima della persona presa di mira ovvero non abbia provocato un contatto di quest'ultima con le proprie parti intime (Cass. pen., sez. III, 18 febbraio 2016, n. 17414). In altre pronunce si è affermato (Cass. pen., sez. III, 15 settembre 2021, n. 43617) che il discrimen esistente tra la fattispecie di violenza sessuale tentata e quella consumata è costituito dalla concreta intrusione dell'agente nella sfera sessuale della vittima, arrestandosi il fatto allo stadio di tentativo solo nel caso in cui «la materialità degli atti - pur giudicati idonei ad inserirsi in una serie causale indirizzata in modo non equivoco alla commissione del reato in questione - non sia pervenuta sino al contatto fisico con il corpo della vittima (Cass. pen., sez. III, sent. n. 38926/2018). Nell'ambito del tentativo di violenza sessuale, inoltre, la prova della specifica finalità perseguita daIl'aggressore può essere desunta da elementi esterni alla condotta tipica e sussiste anche quando, pur in assenza di un contatto fisico tra imputato e vittima, l'a condotta assunta risulti sintomatica deII'intenzione di appagare i propri istinti sessuali (Cass. pen., sez. III, sent. n. 45698/2001)». Diversa è la qualificabilità del fatto allorquando si tratti del bacio, che di per sé può comportare, indipendentemente dalla zona corporea che viene attinta, il coinvolgimento della dimensione sessuale della vittima atteso il diverso significato e la conseguente valenza che è suscettibile dì assumere nel rapporto interpersonale, e che pertanto rientra, valutato il contesto di riferimento, nel delitto in esame nella forma consumata. Al termine, la Suprema Corte ha ribadito i seguenti principi: la condotta sanzionata dall'art. 609-bis c.p. comprende qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, pur se «fugace» ed «estemporaneo» (i.e. «repentino»), tra soggetto attivo e soggetto passivo del reato, ovvero in un coinvolgimento della sfera fisica di quest'ultimo, ponga in pericolo la libera autodeterminazione della persona offesa nella sfera sessuale. La valenza sessuale del contatto è indiscussa e indiscutibile ove si tratti di organi genitali o zone erogene (ivi comprese le labbra, sia della vittima che dell'agente di reato), mentre, negli altri casi, sarà frutto di un accertamento di fatto che tenga conto del contesto sociale e culturale in cui l'azione è stata realizzata, della sua incidenza sulla libertà sessuale della persona offesa, del contesto relazionale intercorrente tra i soggetti coinvolti e di ogni altro dato fattuale qualificante; l'atto deve essere definito come «sessuale» sul piano obiettivo, non su quello soggettivo delle intenzioni dell'agente. Se, perciò, il fine di concupiscenza non concorre a qualificare l'atto come sessuale, il fine ludico o di umiliazione della vittima non Io esclude (Cass. pen., sez. III, 12 marzo 2021, n. 13278; Cass. pen., sez. III, 13 febbraio 2007, n. 25112; Cass. pen., sez. III, 11 luglio 2007, n. 35625); il delitto di violenza sessuale si esprime in forma tentata quando, pur in mancanza del contatto fisico tra imputato e persona offesa, la condotta tenuta dal primo si estrinseca nel compimento di atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere, con violenza o minaccia, il soggetto passivo a subire atti di valenza sessuale, accompagnato dal requisito soggettivo delI'intenzione di raggiungere l'appagamento dei propri istinti sessuali e quello oggettivo dell'idoneità a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale (Cass. pen., sez. III, 23 maggio 2006, n. 34128; Cass. pen., sez. III, 26 ottobre 2011, n. 45698), e non la mera «tranquillità» della stessa; il reato di molestia sessuale (art. 660 c.p.), è invece integrato solo in presenza di espressioni volgari a sfondo sessuale ovvero di atti di corteggiamento invasivo ed insistito diversi dall'abuso sessuale (Cass. pen., sez. III, 26 settembre 2012, n. 38719), ove Io «sfondo sessuale» costituisce soltanto un motivo e non un elemento della condotta (Cass. pen., sez. III, 22 giugno 2023, n. 51427; Cass. pen., sez. V, 9 dicembre 2020, n. 7993; Cass. pen., sez. III, 6 luglio 2021, n. 41755; Cass. pen., sez. III, 15 novembre 1996, n. 1040).

Riferimenti Normativi:

  • Art. 609 bis, c.p.
  • Art. 660, c.p.