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Diritto civile

Responsabilità

26 | 07 | 2024

I presupposti per il risarcimento del danno derivante dal ritardo del volo

Giovanna Spirito

Con sentenza n. 20941 del 26 luglio 2024, la terza sezione civile della Corte di Cassazione, intervenendo in tema di risarcimento dei danni per ritardo del volo, ha affermato che, all’interno della Convenzione di Montreal, l’art. 22 (che, secondo la Corte di Giustizia si riferisce non solo al danno patrimoniale ma anche al danno non patrimoniale: v. Corte di Giustizia, 6 maggio 2010, C-63-09) fissa solo il limite della responsabilità risarcitoria, ma non indica gli elementi della relativa fattispecie, per cui, per la identificazione delle condizioni di risarcibilità, rinvia necessariamente agli ordinamenti interni degli Stati membri.

Il ritardo del volo imputabile al trasportatore si traduce nel ritardo nell'adempimento dell'obbligazione assunta dal vettore (fonte dell’obbligo risarcitorio in capo al debitore della prestazione: art. 1218 c.c.), ma ciò non basta a dimostrare anche l'effettiva esistenza di un danno risarcibile. Più precisamente, la prova del contratto di trasporto e l'allegazione del ritardo implicano bensì, di per sé, anche l'allegazione della lesione di un interesse rilevante in contratto e, dunque, di un danno-evento. Secondo i generali criteri di riparto dell'onere probatorio in tema di responsabilità contrattuale tale acquisizione (ossia l'esistenza di un danno-evento) non richiede l'assolvimento di alcun altro onere probatorio da parte del creditore (spettando al debitore dimostrare l'esatto adempimento o che il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile: art. 1218 c.c.). L'esistenza di un danno-evento contrattuale non necessariamente comporta, però, anche l'esistenza di un danno risarcibile. Varrà rammentare al riguardo che, secondo i più recenti approdi della giurisprudenza di legittimità, cui va data continuità, nei rapporti che rispondono allo schema classico dell'obbligazione di dare o di facere (non professionale) contenuto nel codice civile (e tale è certamente l'obbligazione derivante dal contratto di trasporto), la «causalità materiale», ovvero il nesso che consente l'imputazione, sul piano oggettivo, del danno alla condotta (inadempiente) del debitore, «non è praticamente separabile dall'inadempimento, perché quest'ultimo corrisponde alla lesione dell'interesse tutelato dal contratto e dunque al danno evento. La causalità acquista qui autonomia di valutazione solo quale causalità giuridica, e dunque quale delimitazione del danno risarcibile attraverso l'identificazione del nesso eziologico fra evento di danno e danno conseguenza (art. 1223 c.c.). «L'assorbimento pratico della causalità materiale nell'inadempimento fa sì che tema di prova del creditore resti solo quello della causalità giuridica (oltre che della fonte del diritto di credito), perché, come affermato da Cass. civ., sez. un., n. 13533 del 2001, è onere del debitore provare l'adempimento o la causa non imputabile che ha reso impossibile la prestazione (art. 1218 c.c.), mentre l'inadempimento, nel quale è assorbita la causalità materiale, deve essere solo allegato dal creditore. Non c'è quindi un onere di specifica allegazione (e tanto meno di prova) della causalità materiale perché allegare l'inadempimento significa allegare anche nesso di causalità e danno evento» (così, in motivazione, Cass. civ. 11 novembre 2019, nn. 28991-28992, § 1.1.1). Nella misura in cui il danno-evento «assorbito» nell'inadempimento o nell'inesatto adempimento corrisponda al mancato conseguimento di una utilità prevista in contratto, e suscettibile di apprezzamento sul piano risarcitorio, sarebbe per ciò stesso dimostrata anche l'esistenza di un danno risarcibile, pari al valore della utilità (o della parte di essa) attesa e non conseguita. Nel caso in esame, se si fosse trattato di cancellazione del volo non sarebbe stato difficile identificare e stimare il danno da porre ad oggetto della succedanea prestazione risarcitoria (quanto meno pari al valore della prestazione non eseguita o ai costi da sostenere per procurarsela altrimenti), salva anche in tal caso la prova degli ulteriori danni c.d. consequenziali di cui discorre l'art. 1223 c.c.. La fattispecie in esame non è però quella di un inadempimento in senso proprio ma, come detto, quella dell'adempimento ritardato (e, dunque, inesatto): la prestazione non è mancata ma differisce da quella programmata in contratto ed attesa dal creditore in relazione ad una dimensione che la connotava, quella temporale. La distanza cronologica tra il volo programmato e quello effettivo fa sì che la prestazione eseguita non sia esattamente corrispondente a quella programmata in contratto e dovuta dal vettore. Poiché l'interesse del creditore era certamente correlato anche a tale connotazione temporale della prestazione, non può dubitarsi che la sua mancanza determini lesione di quell'interesse e, in tal senso, anch'essa, un danno-evento. Tale lesione non è però direttamente correlabile anche ad un pregiudizio risarcibile. L'interesse del creditore (contrattualmente rilevante) al rispetto dell'orario programmato del volo non esibisce un intrinseco univoco valore suscettibile di essere posto direttamente ad oggetto e parametro della succedanea obbligazione risarcitoria: il tempo perduto (ossia quello intercorso tra il momento nel quale il creditore attendeva di essere già a destinazione e invece non lo è stato e il momento, successivo, in cui lo è stato) è di per sé un bene impalpabile in assenza di alcun riferimento a ciò che in quel segmento temporale il creditore avrebbe potuto fare e non ha fatto e/o a ciò che avrebbe potuto evitare di fare e che invece è stato costretto a fare. Il danno risarcibile dunque non può, in tal caso, che identificarsi interamente con le utilità ed i vantaggi, estranei al vincolo obbligatorio, che siano andati eventualmente perduti in ragione del ritardo (lucro cessante) e/o con i maggiori esborsi eventualmente resisi necessari (danno emergente). Ciò, però, colloca il danno risarcibile sul piano dei c.d. danni consequenziali o estrinseci (tali sono, secondo definizione dottrinale, quei «pregiudizi che sporgono rispetto al solo valore dell'interesse creditorio non realizzato, o realizzato in maniera inesatta», distinti dal danno primario o intrinseco rappresentato dal mancato conseguimento o dal conseguimento inesatto dell'utilità contrattualmente dovuta ed attesa). Fuoriuscendo tali ulteriori vantaggi e utilità perdute dal perimetro dell'obbligazione, sarà onere del creditore farne specifica allegazione e darne dimostrazione, sia pure attraverso presunzioni, fondate su massime di comune esperienza. Solo una volta verificata l'esistenza di tali allegazioni e ritenutane la loro fondatezza, sia pure sulla base di ragionamento probatorio di tipo presuntivo, potrà farsi utile ricorso alla liquidazione equitativa del danno, nel rispetto dei requisiti sopra detti.

Riferimenti Normativi:

  • Art. 1218, c.c.
  • Art. 1223, c.c.