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Diritto amministrativo

Situazioni giuridiche soggettive

25 | 03 | 2024

Lo strumento cautelare dell’informativa antimafia interdittiva è retto dal principio «tempus regit actum»

Giovanni D'Amore

Con sentenza n. 2840 del 25 marzo 2024, la terza sezione del Consiglio di Stato, intervenendo in tema di interdittiva antimafia, ha affermato che proprio quando dietro la singola realtà d’impresa vi è un nucleo familiare particolarmente compatto e coeso, è statisticamente più facile che coloro i quali sono apparentemente al di fuori delle singole realtà aziendali possano curarne (o continuare a curarne) la gestione o, comunque, interferire in quest’ultima facendo leva sui più stretti congiunti. È altrettanto noto che proprio il nucleo familiare “allargato”, ma unito nel curare gli “affari” di famiglia, è uno degli strumenti di cui più frequentemente si serve la criminalità organizzata di stampo mafioso per la penetrazione legale nell’economia, tanto è vero che l’Adunanza Plenaria (6 aprile 2018, n. 3), ha ribadito che – quanto ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell’impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose – l’Amministrazione può dare loro rilievo laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del ‘più probabile che non’, che l’impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto con il proprio congiunto. Nei contesti sociali, in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all’interno della famiglia si può verificare una “influenza reciproca” di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza; una tale influenza può essere desunta non dalla considerazione (che sarebbe in sé errata e in contrasto con i principi costituzionali) che il parente di un mafioso sia anch’egli mafioso, ma per la doverosa considerazione, per converso, che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della “famiglia”, sicché in una “famiglia” mafiosa anche il soggetto, che non sia attinto da pregiudizio mafioso, può subire, nolente, l’influenza del “capofamiglia” e dell’associazione. Hanno dunque rilevanza circostanze obiettive (a titolo meramente esemplificativo, ad es., la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento nei medesimi fatti, che pur non abbiano dato luogo a condanne in sede penale) e rilevano le peculiari realtà locali, ben potendo l’Amministrazione evidenziare come sia stata accertata l’esistenza - su un’area più o meno estesa - del controllo di una “famiglia” e del sostanziale coinvolgimento dei suoi componenti. Il Consiglio di Stato ha rilevato la funzione strettamente cautelare e preventiva dell’istituto in questione. Tale finalità di “frontiera avanzata” a tutela degli interessi pubblici, giustifica un intervento incisivo dell’Autorità autorizzata (Prefetto), tramite verifiche e ricognizioni di natura anche atipica, così da estendere il campo valutativo concesso alla P.A. Il limite a tale potere è stato individuato dalla precedente giurisprudenza (Cons. Stato, sez. III, 28 giugno 2022, n. 5375; Cons. Stato, sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758) in un fatto inesistente o oggettivamente non indicativo del pericolo di infiltrazione mafiosa. Affermare diversamente, in base al principio di legalità in senso formale, condurrebbe alla conseguenza di eludere lo scopo precauzionale di contrasto alla criminalità. Sulla scorta di tale argomentazione, l’applicazione dell’informazione antimafia interdittiva in caso di azienda concessionaria di servizio pubblico potrà avvenire quando, sulla scorta del criterio del “più probabile che non”, appare evidente che l’impresa subisca una influenza esterna criminale, anche solo meramente potenziale e indiretta, da familiari legati all’ambiente mafioso (Adunanza Plenaria, 6 aprile 2018, n. 3). Infatti, la giurisprudenza amministrativa ha dettato il principio per cui, appare semplice, per i familiari formalmente estranei alla gestione sociale, intromettersi negli affari dell’azienda, quando si tratti di nucleo familiare solido, come quello proprio tipicamente della mafia. Questo ambiente, si caratterizza per la presenza di legami stretti di varia natura, tra cui quelli di dipendenza reciproca, di solidarietà, o di soggezione al “capofamiglia”. L’eventualità di un’infiltrazione mafiosa negli interessi economici dello Stato rende rilevanti circostanze oggettive, quali: la convivenza, il coinvolgimento economico nella medesima situazione, la condanna ex 416-bis c.p. del familiare. I giudici amministrativi, applicando il principio del tempus regit actum relativamente all’atto ex art. 84, comma 3, Codice Antimafia, hanno chiarito che la legittimità del provvedimento in questione dipende dallo stato di fatto e di diritto presente al momento dell’adozione (Cons. Stato, sez. III, sentenza 12 settembre 2023, n. 8269). Di conseguenza, le eventuali sopravvenienze giudiziali, quali la assoluzione da precedente condanna per la commissione di reati a stampo mafioso, non risultano determinanti, né tantomeno rilevanti, per l’eventuale illegittimità del provvedimento amministrativo. Ragionare diversamente condurrebbe all’affermazione che il giudizio di pericolo con funzione cautelare e preventiva rispetto ad influenze mafiose sarebbe sovrapposto alla valutazione ex post del giudice penale. Quindi, tali sopravvenienze avranno, al più, un valore in termini prospettici, ovvero pro futuro, al fine di richiedere una revisione del provvedimento, ma non rilevano rispetto all’illegittimità dell’atto amministrativo, la cui validità, logicità e ragionevolezza, è vagliata allo stato di fatto e di diritto in sede di adozione.

Riferimenti Normativi:

  • Art. 84, D.L.vo 6 settembre 2011, n. 159
  • Art. 91, D.L.vo 6 settembre 2011, n. 159