Diritto civile
Tutela dei Diritti
23 | 03 | 2024
La CGUE sull'obbligo di inserimento delle impronte digitali sulle carte d'identità e altri documenti di viaggio
Emma Coppola
Con sentenza 21 marzo 2024 relativa alla causa C-61/22, la Grande Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata riguardo all’applicazione del Regolamento 2019/1157 del Parlamento europeo e del Consiglio europeo e sul suo impatto sulla protezione dei dati personali.
Il Regolamento in questione ha come scopo primario quello di rafforzare la sicurezza delle carte d'identità e di altri documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri dell'UE ai loro cittadini nell’ambito dell’azione dell’Unione volta alla realizzazione di uno spazio interno di libera circolazione.
In via preliminare, si rammenti che già l’art. 21, TFUE conferisce all’Unione una competenza generale ad adottare disposizioni finalizzate a facilitare l’esercizio del diritto dei cittadini dell’Unione di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Il Regolamento di cui trattasi, tuttavia, trova fondamento nell’art. 77, par. 3, TFUE, che prevede invece poteri di azione dell’Unione per quanto concerne l’adozione di misure relative, nello specifico, a passaporti, titoli di soggiorno o altri documenti che consentano l’esercizio del summenzionato diritto, consentendo ai cittadini di dimostrare la loro qualità di beneficiari di esso.
L’art. 7, della Carta dei diritti fondamentali dell’UE prevede, in particolare, che ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata; quanto all’art. 8, par. 1, della medesima, esso stabilisce che ogni persona ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che la riguardano. Da tali disposizioni, lette in combinato disposto, deriva che in linea di principio qualsiasi trattamento dei dati personali effettuato da un terzo è idoneo a recare pregiudizio a tali diritti.
Va constatato che tali dati personali consentono l’identificazione precisa delle persone fisiche interessate e sono particolarmente sensibili a causa dei rischi significativi per le libertà e i diritti fondamentali che il loro uso può presentare; fatta tale premessa, si può concludere affermando che quanto previsto dall’art. 3, par. 5, del Regolamento in esame, che è ciò su cui verte il caso in esame - l’obbligo di inserire due impronte digitali nel supporto di memorizzazione delle carte d’identità - costituisce una limitazione tanto del diritto al rispetto della vita privata, quanto del diritto alla protezione dei dati di carattere personale.
Come risulta da costante giurisprudenza, tuttavia, il diritto al rispetto della vita privata e il diritto alla protezione dei dati di carattere personale non sono prerogative assolute, ma vanno considerati alla luce della loro funzione sociale (v. sentenza 20 settembre 2022, SpaceNet e Telekom Deutschland, C-793/19 e C-794/19); possono quindi essere apportate limitazioni a tali diritti, purché, conformemente all’art. 52, par. 1, della Carta, esse siano previste dalla legge e rispettino il contenuto essenziale di detti diritti. Inoltre possono essere apportate limitazioni del genere solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui. A tale riguardo, l’art. 8, par. 2, della Carta precisa che i dati di carattere personale devono, in particolare, essere trattati «per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge».
In riferimento alla disposizione dell’art. 3, par. 5, del Regolamento in esame, la Corte di Giustizia deduce che le informazioni fornite dalle impronte digitali non consentono, di per sé, di avere una visione di insieme sulla vita privata e familiare delle persone interessate.
Le limitazioni all’esercizio dei diritti fondamentali devono essere necessarie e rispondere a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione. Le deroghe alla protezione dei dati personali e le limitazioni di queste ultime devono operare entro i limiti dello stretto necessario, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure ugualmente appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva di esse. Inoltre, un obiettivo di interesse generale non può essere legittimamente perseguito senza tener conto del fatto che esso deve essere conciliato con i diritti fondamentali interessati dalla misura di cui trattasi: sarà allora necessario effettuare un bilanciamento tra l’interesse perseguito e i diritti interessati.
Riferimenti Normativi: