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Diritto processuale penale

Impugnazione

14 | 11 | 2023

L'eventuale estinzione del reato, intervenuta dopo il patteggiamento per vicende relative alla querela, non consente di modificare la relativa decisione adottata dal giudice

Giuseppe Molfese

Con sentenza n. 45880 del 7 settembre-14 novembre 2023, la quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che l'eventuale estinzione del reato, intervenuta dopo la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti per vicende relative alla querela, non consente di modificare la relativa decisione adottata dal giudice ai sensi dell'art. 444 c.p.p. allo stato degli atti, sicché l'eventuale ricorso per cassazione volto a far riconoscere la causa estintiva sopravvenuta deve essere dichiarato inammissibile (Cass. pen., sez. V, 4 dicembre 2018, n. 11251; Cass. pen., sez. V, 7 aprile 2003, n. 39345).

L'art. 448, comma 2-bis, c.p.p. (aggiunto dall'art. 1, comma 50, L. n. 103 del 2017), d'altronde, consente all'imputato la proposizione del ricorso per cassazione contro le sentenze di patteggiamento solo in quattro casi rigorosamente tipizzati: ossia per motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato; per difetto di correlazione fra accusa e sentenza; per erronea qualificazione giuridica del fatto; per illegalità della pena o misura di sicurezza.

Tali ipotesi, all'evidenza, non ricorrono nella presente fattispecie in esame, nella quale il giudice ha applicato la pena concordata dalle parti per un reato in quel momento procedibile d'ufficio, rispettando la cornice edittale fissata dalla legge e così il principio di legalità della pena. 

Tanto premesso, va evidenziato che, nel caso in esame, neppure si pongono le questioni di un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 6, D.L. n. 162 del 2022 e di una sua eventuale illegittimità costituzionale. La sentenza impugnata, infatti, è stata pronunciata il 25 ottobre 2022 e, dunque, durante l'originario periodo di vacatio legis del D.L.vo n. 150 del 2022, che si esauriva il 10 novembre 2022. Non viene, quindi, in rilievo l'art. 6, D.L. n. 162 del 2022, che ha prolungato la vacatio legis fino al 30 dicembre 2022. La questione di legittimità costituzionale, peraltro, è stata già affrontata e ritenuta infondata dalla Corte costituzionale che, con sentenza n. 151 del 7 giugno 2023, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale. Ha escluso, in primo luogo, la denunciata violazione dell'art. 77, comma 2, Cost., in quanto «non si può ritenere che la scelta di differire il termine di entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022 riveli la carenza evidente dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza dell'intervento normativo del Governo, né il suo carattere palesemente disomogeneo o eccentrico rispetto ad altre disposizioni contenute nel medesimo decreto-legge». Al riguardo, ha rilevato che la diversità degli ambiti materiali in cui interviene il decreto-legge non impedisce di individuare due settori più generali oggetto del provvedimento governativo, quelli legati agli interventi ricadenti nell'ambito del sistema penale e dell'organizzazione sanitaria, tutti legati a «una finalità di carattere più generale, rappresentata dalla prevalente necessità di dettare misure imposte dall'approssimarsi di termini e scadenze»; necessità, peraltro, qualificata, nella sua straordinarietà, dal fatto che il decreto legge n. 162 del 2022 ha rappresentato il primo provvedimento normativo adottato dal Governo entrato in carica il 22 ottobre 2022. In questo quadro, ha evidenziato la Consulta, anche le norme di carattere penalistico del decreto-legge condividono la «traiettoria finalistica portante del decreto», in ragione della ravvisata necessità di garantire l'ordinata immissione dei contenuti del D.L.vo n. 150 del 2022 e il compimento dei rilevanti adempimenti organizzativi che essi 4 comportano negli uffici giudiziari, «ciò che non sarebbe stato evidentemente possibile se l'entrata in vigore della riforma della giustizia penale fosse avvenuta, secondo il termine di vacatío legís originariamente previsto, il 1° novembre 2022».

La Corte costituzionale ha ritenuto non fondata anche la questione relativa alla presunta violazione dell'art. 73, comma 3, Cost., rilevando che la scelta del legislatore di modulare differentemente la vacatio legis di un diverso atto normativo non è di per sé costituzionalmente illegittima, poiché «rientra nell'ordinaria forza attiva e passiva di legge la possibilità di intervenire su una disposizione non ancora entrata in vigore, anche al fine di modularne diversamente il termine di entrata in vigore». Ha, poi, evidenziato che, nel caso di specie, il differimento del termine, peraltro per un periodo ragionevolmente contenuto, era giustificato anche dall'intento di consentire una conoscenza più approfondita di una complessa e articolata disciplina normativa, quale quella contenuta nel D.L.vo n. 150 del 2022. Ha ritenuto infondata anche l'ultima questione sollevata, escludendo che, nel caso di specie, si sia determinato un fenomeno di successione di leggi nel tempo.

Riferimenti Normativi:

  • Art. 444 c.p.p.