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Diritto processuale penale

Misure cautelari

17 | 05 | 2023

Riparazione per ingiusta detenzione: la rilevanza delle «frequentazioni ambigue» con soggetti gravati da specifici precedenti penali o coinvolti in traffici illeciti

Valerio de Gioia

Con sentenza n. 20963 del 14 marzo 2023, depositata il 17 maggio 2023, la quarta sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che, in tema di riparazione per ingiusta detenzione, il giudice di merito, per stabilire se chi l'ha patita abbia dato o concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione ex ante – e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell'autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale (ex plurimis: Cass. pen., sez. un., 26 giugno 2002, n. 34559; Cass. pen., sez. IV, 26 aprile 2022, n. 21308; Cass. pen., sez. IV, 22 settembre 2016, n. 3359).

La colpa grave di cui all'art. 314 c.p.p., quale elemento negativo della fattispecie integrante il diritto all'equa riparazione in oggetto non necessita difatti di estrinsecarsi in condotte integranti, di per sé, reato, se tali, in forza di una valutazione ex ante, da causare o da concorrere a dare causa all'ordinanza cautelare (sul punto si vedano anche Cass. pen., sez. IV, 22 marzo 2022, n. 15500; Cass. pen., sez. IV, 19 ottobre 2018, n. 49613; Cass. pen., sez. IV, 13 novembre 2013, n. 9212). 

Ai fini di cui innanzi, è necessario uno specifico raffronto tra la condotta del richiedente (da ricostruirsi in considerazione della sentenza assolutoria) e le ragioni sottese all'intervento dell'autorità e/o alla sua persistenza (Cass. pen., sez. IV, n. 21308/2022, cit.; Cass. pen., sez. II, 19 giugno 2019, n. 36336, nonché Cass. pen., sez. IV, 7 giugno 2001, n. 27965), con motivazione che deve apprezzare la sussistenza di condotte che rivelino (dolo o) eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazioni di leggi o regolamenti che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità (Cass. pen., sez. IV, n. 21308/2022, cit.; Cass. pen., sez. IV, 5 febbraio 2019, n. 27458; Cass. pen., sez. IV, 21 marzo 2017, n. 22642). Occorre quindi muovere non dagli elementi fondanti la misura cautelare bensì dall'accertamento della condotta del richiedente, anche in ragione dei fatti ritenuti provati o non esclusi dal giudice penale, per poi valutarla ai fini del giudizio circa la condizione ostativa del dolo o della colpa grave e del loro collegamento sinergico con l'intervento dell'autorità in relazione alle circostanze sottese all'ordinanza cautelare (ex plurimis: Cass. pen., sez. IV, 21 ottobre 2022, n. 44572). La condizione ostativa al riconoscimento del diritto all'indennizzo, rappresentata dall'avere il richiedente dato causa o concorso a dare causa all'ingiusta detenzione, può essere integrata da condotte, dolose o gravemente colpose, tanto extraprocedimentali quanto tenute nel corso del procedimento, comprese le dichiarazioni dallo stesso richiedente rese (con particolare riferimento alla possibile rilevanza delle dichiarazioni rese dall'indagato/imputato si vedano, ex plurimis, Cass. pen., sez. un., 28 novembre 2013, n. 51779, nonché, in fattispecie successive alla modifica dell'art. 314, comma 1, c.p.p.; Cass. pen., sez. IV, 30 giugno 2022, n. 30056 e Cass. pen., sez. IV, 20 gennaio 2022, n. 3755). Tra le condotte di cui innanzi si annoverano anche le «frequentazioni ambigue» con soggetti gravati da specifici precedenti penali o coinvolti in traffici illeciti, necessitando sempre un'adeguata motivazione della loro oggettiva idoneità a essere interpretate come indizi di complicità, in rapporto al tipo e alla qualità dei collegamenti con tali persone, così da essere poste quanto meno in una relazione di concausalità con il provvedimento restrittivo adottato (Cass. pen., sez. IV, n. 21308/2022, cit., in motivazione; Cass. pen., sez. III, 1° luglio 2014, n. 39199; si vedano altresì, ex plurimis, circa la possibile rilevanza delle «frequentazioni ambigue» con soggetti condannati nel medesimo procedimento, Cass. pen., sez. IV, 21 novembre 2018, n. 53361, nonché in merito alle frequentazioni con condannati in diverso procedimento, Cass. pen., sez. IV, 20 settembre 2021, n. 850, oltre che Cass. pen., sez. IV, 5 giugno 2019, n. 29550, per la quale rilevano le dette frequentazioni con soggetti condannati nello stesso procedimento anche nel caso in cui intervengano con persone legate da rapporto di parentela, purché siano accompagnate dalla consapevolezza che trattasi di soggetti coinvolti in traffici illeciti e non siano assolutamente necessitate). È altresì suscettibile di integrare gli estremi della colpa grave ostativa al riconoscimento dell'equa riparazione, la condotta di chi, nei reati contestati in concorso, abbia tenuto, consapevole dell'attività criminale altrui, comportamenti percepibili come indicativi di una sua contiguità (ex plurimis, tra le più recenti: Cass. pen., sez. IV, n. 21308/2022, cit., in motivazione; Cass. pen., sez. IV, 20 ottobre 2020, n. 7956).

Riferimenti Normativi:

  • Art. 314 c.p.p.
  • Art. 315 c.p.p.