Diritto processuale penale
Prove
14 | 03 | 2023
I limiti all’accertamento peritale sulla capacità a testimoniare
Filippo Lombardi
Con sentenza n. 10910 del 7 febbraio
2023 (dep. 14 marzo 2023), la sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha
avuto occasione di precisare che la valutazione dell'attendibilità di un
testimone, minorenne o maggiorenne che sia, costituisce un atto di esclusiva
spettanza dell'autorità giudiziaria, perché è solo li giudice a stabilire se un
testimone dichiara il vero o il falso, cosicché rimetterla ad accertamenti
peritali costituirebbe un atto abnorme.
L'art. 196 c.p.p. stabilisce un principio generale dell'ordinamento processuale penale ovverosia quello della presunzione di capacità a testimoniare: «ogni persona ha la capacità di testimoniare».
Ciò vuol dire che chiunque ha l'attitudine di percepire i fatti
e di raccontarli, di comprendere le domande e di rispondere, a meno che non
emergano elementi oggettivi tali da comprovare l'esistenza di ostacoli (come ad
esempio delle patologie) e tali da inficiare la percezione della realtà.
Non esistono, per l'ordinamento, preclusioni o limiti alla capacità a testimoniare neanche rispetto all'età perché questa, di per sé, non rende aprioristicamente il dichiarante a rischio di alterare la realtà o essere suggestionabile.
Solo quando li giudice ritiene, in base ad elementi di fatto, necessario verificare l'idoneità, fisica o psichica, del testimone, maggiorenne o minorenne che sia, può disporre gli accertamenti opportuni i cui esiti non precludono comunque l'assunzione della testimonianza.
La capacità a testimoniare può essere accertata solo quando siano comprovati elementi patologici che possano farne dubitare (Cass. pen., sez. III, 12 novembre 2020, n. 189; Cass. pen., sez. III, 18 ottobre 2017, n. 8541) e questo, si ribadisce, al di là dell'età del testimone, a meno che non si tratti di un minorenne in tenerissima età non in grado di esprimersi in alcun modo.
Riferimenti Normativi: