Diritto processuale penale
Procedimenti speciali
10 | 03 | 2023
La revisione della sentenza – avente ad oggetto la responsabilità dell'ente ai sensi del D.L.vo 231/01 – per contrasto di giudicato
Sonia Grassi
Con sentenza n. 10143 del 10 febbraio
2023, la quarta sezione penale della Corte di Cassazione è intervenuta sui
presupposti per la revisione della sentenza – avente ad oggetto la responsabilità
dell'ente ai sensi del D.L.vo 8 giugno 2001, n. 231 – per contrasto di
giudicato.
Va premesso che il contrasto di giudicati, cui si
riferisce l'art. 630, comma 1, lett. a), c.p.p. sussiste anche tra l'accertamento
contenuto in una sentenza di patteggiamento e quello contenuto in una sentenza
emessa a seguito di giudizio ordinario, in quanto l'art. 629 c.p.p., come
modificato dalla L. 12 giugno 2003, n. 134, prevede espressamente la revisione
"delle sentenze emesse ai sensi dell'art. 444, comma 2” (in questo senso,
Cass. pen., sez. IV, 21 dicembre 2010, n. 2635).
È ovvio che tale procedura possa essere
attivata anche nell'ambito della responsabilità amministrativa degli enti,
dovendosi estendere agli enti tutte le garanzie previste per il condannato in
quanto compatibili (art. 35, D.L.vo 231/01: "all'ente si applicano le
disposizioni processuali relative all'imputato, in quanto compatibili").
Per consolidato orientamento della
giurisprudenza di legittimità il giudizio di revisione non può essere fondato
sulla incompatibilità di due giudicati, a meno che non vi sia prova che tale
incompatibilità riguardi il fatto storico.
In tema di revisione, infatti, il
concetto di inconciliabilità fra sentenze irrevocabili di cui all'art. 630,
comma 1, lett. a), c.p.p., deve essere inteso con riferimento ad una oggettiva
incompatibilità tra i fatti storici stabiliti a fondamento delle diverse
sentenze, non alla contraddittorietà logica tra le valutazioni operate nelle
due decisioni; ne consegue che gli elementi in base ai quali si chiede la
revisione devono essere, a pena di inammissibilità, tali da dimostrare, se
accertati, che il condannato deve esser prosciolto e, pertanto, non possono
consistere nel mero rilievo di un contrasto di principio tra due sentenze che
abbiano a fondamento gli stessi fatti (Cass. pen., sez. I, 14 ottobre 2016, n.
8419).
Non è pertanto ammessa la revisione
della sentenza di condanna fondata sugli stessi dati probatori utilizzati dalla
sentenza di assoluzione, in quanto la revisione giova ad emendare l'errore
sulla ricostruzione del fatto e non sulla valutazione del fatto (Cass. pen., sez.
VI, 15 novembre 2016, n. 488).
Si rammenta come in tema di
responsabilità da reato degli enti ex D.L.vo 231 del 2001 la Suprema Corte
abbia stabilito che all'assoluzione della persona fisica imputata del reato
presupposto per una causa diversa dalla rilevata insussistenza di quest'ultimo
non consegua automaticamente l'esclusione della responsabilità dell'ente per la
sua commissione, poiché tale responsabilità, ai sensi dell'art. 8, D.L.vo n.
231 del 2001, deve essere affermata anche nel caso in cui l'autore del suddetto
reato non sia stato identificato (Cass. pen., sez. V, 4 aprile 2013, n. 20060).
Il condivisibile principio espresso
nella citata pronuncia può essere esteso al caso in esame: l'accadimento
dell'infortunio sul lavoro è stato accertato nella pronuncia assolutoria,
rimanendo non individuate le figure dei responsabili dell'accaduto.
Sulla base di tali considerazioni, sebbene la responsabilità dell'ente disegnata dal D.L.vo 231/01, dipenda dal reato della persona fisica, funzionalmente legata all'ente, non si può addivenire alla revoca della sentenza di patteggiamento, perché difettano i presupposti dell'istituto.
Dalla disamina del caso, la Suprema Corte ha tratto il seguente principio: in caso di revisione della sentenza avente ad oggetto la responsabilità dell'ente ai sensi del D.L.vo 231/01 per contrasto di giudicato – art. 630, comma 1, lett. a), c.p.p. – ove in separato giudizio si sia pervenuti all'assoluzione della persona fisica per il reato presupposto, è sempre necessario verificare se la ricorrenza del fatto illecito sia stata accertata, discendendo la inconciliabilità del giudicato solo dalla negazione del fatto storico e non anche dalla mancata individuazione della persona fisica del suo autore. Ciò in quanto, ai sensi dell'art. 8, D.L.vo n. 231 del 2001, la responsabilità dell'ente sussiste anche quando l'autore del reato non è stato identificato.
Riferimenti Normativi: