Diritto processuale penale
Ordinamento penitenziario
07 | 02 | 2023
La legittimità costituzionale del regime carcerario del regime detentivo differenziato (meglio noto come “41-bis”)
Valerio de Gioia
Con sentenza n. 5363 del 20 aprile 2022,
depositata il 7 febbraio 2023, la prima sezione penale della Corte di
Cassazione ha confermato la legittimità costituzionale del regime carcerario
del regime detentivo differenziato, meglio noto come “41-bis”.
Le misure di prevenzione vengono imposte per fronteggiare il rischio della commissione di reati nei confronti di chi sia ritenuto pericoloso in dipendenza, non necessariamente di condanne o di misure cautelari, ma dello stile di vita. Anche negli effetti va osservato che la sospensione delle regole detentive ordinarie riguarda l'esecuzione della pena nei confronti di quei detenuti che manifestino capacità di mantenere collegamenti con le associazioni di appartenenza e dì trasmettere ordini e direttive all'esterno del carcere. Ciò comporta una limitazione dei diritti soggettivi, non già la loro radicale privazione. Sulla scorta di tali presupposti e del rilievo secondo il quale il regime detentivo differenziato non viene imposto in via automatica a tutti i detenuti che abbiano riportato condanna per determinati titoli di reato, ma selettivamente a coloro di essi che presentino caratteristiche personali e specifiche di pericolosità, legate alla loro appartenenza ad organizzazioni criminali strutturate, distinguendoli dai comuni soggetti sottoposti a pena detentiva, Va escluso che la norma di cui all'art. 41-bis, L. 26 luglio 1975, n. 354 (ord. pen.) si ponga in contrasto con i principi di cui agli artt. 2 e 3 Cost. e che sussista una riconoscibile e censurabile disparità di trattamento, rispetto al sistema delle misure di prevenzione, sotto il profilo dell'adozione del provvedimento impositivo di tale regime o della sua proroga da parte dell'autorità amministrativa, anziché per decisione giudiziale come, invece, previsto per le misure di prevenzione. Non sussiste nemmeno il contrasto tra la disposizione dell'art. 41-bis, ord. pen. ed i parametri costituzionali, rappresentati dagli artt. 111 e 117 Cost., poiché, sebbene il regime detentivo differenzìato sia imposto con provvedimento amministrativo, lo stesso, anche se sia autorizzata la proroga, deve essere supportato da autonoma e congrua motivazione in ordine alla permanenza dei pericoli per l'ordine e la sicurezza pubblica e la possibilità del suo riesame in funzione della tutela del sottoposto, ammesso ad esercitare il diritto di difesa senza limitazioni. Tale tutela è assicurata in sede giurisdizionale mediante la previsione dell'istituto del reclamo innanzi all'autorità giudiziaria ordinaria, che provvede all'esito della procedura camerale partecipata.
La Corte Costituzionale (sentenza n. 349 del 1993) ha specificamente esaminato la disposizione di cui all'art. 41-bis ord. pen., e ha escluso che vi fosse frizione di costituzionalità per lesione della riserva di giurisdizione sancita dall'art. 13, comma 2, Cost., nella parte in cui attribuisce al Ministro della giustizia di incidere in peius sulla pena e sul grado di libertà del detenuto, osservando che la corretta lettura della norma non può che limitare il potere attribuito al Ministro alla sola sospensione di quelle medesime regole ed istituti che già nell'Ordinamento penitenziario appartengono alla competenza di ciascuna amministrazione penitenziaria e che si riferiscono al regime di detenzione in senso stretto. Eventuali variazioni di tale regime possono comportare evidentemente un maggiore o minore contenuto afflittivo per chi ad esse è assoggettato, proprio perché un certo grado dì flessibilità può rivelarsi necessario sia ai fini di rieducazione del detenuto che per l'ordine e la sicurezza interni, ma nel novero delle misure attualmente previste dall'Ordinamento penitenziario esse non esulano dall'ambito delle modalità di esecuzione di un titolo di detenzione già adottato con le previste garanzie costituzionali. La Corte costituzionale (n. 410 del 1993) ha evidenziato come nell'ambito dell'ordinamento penitenziario sia già espressamente previsto un tipo di regime detentivo -il regime di sorveglianza particolare- disciplinato dagli artt. 14-bis e seguenti, che nella sua concreta applicazione assume un contenuto largamente coincidente con il regime differenziato introdotto con il provvedimento ex art. 41-bis, comma 2, di sospensione del trattamento penitenziario. Pertanto "è di intuitiva evidenza che il potere esercitato serve, in entrambi i casi, a consentire all'Amministrazione penitenziaria di predisporre uno strumento di particolare rigore mediante il quale fronteggiare la pericolosità di ben determinate categorie di detenuti". Né può discutersi (Corte cost. n. 351 del 1996) del fatto che l'applicazione della norma, nei confronti dei singoli detenuti, è rimessa all'autorità amministrativa, salvo il sindacato giurisdizionale che l'ordinamento penitenziario prevede in via generale sull'operato dell'amministrazione penitenziaria.
La legge consente all'amministrazione di disporre un regime derogatorio rispetto a quello ordinario così instaurando un trattamento rientrante nell'ambito di competenza dell'amministrazione penitenziaria stessa, nella logica della differenziazione del trattamento detentivo. Avverso i provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 41-bis, pur in assenza di espressa previsione normativa, la tutela dei diritti soggettivi costituzionalmente garantiti del detenuto deve ritenersi assicurata mediante lo strumento del reclamo, proponibile all'autorità giudiziaria ordinaria.
Riferimenti Normativi: