Diritto amministrativo
Responsabilità
24 | 11 | 2022
L’evoluzione normativa in tema di tutela risarcitoria del privato nei confronti degli atti illegittimi dell’amministrazione
Valerio de Gioia
Con sentenza n. 10346 del 24 novembre 2022, la quarta sezione
del Consiglio di Stato è intervenuta in tema di tutela risarcitoria del privato
nei confronti degli atti illegittimi dell’amministrazione.
Ebbene, come ha avuto modo di chiarire, di recente,
l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (n. 7/2021; in senso analogo cfr. ad
es. Cons. Stato, sez. V, n. 2195 del 2014) la responsabilità in cui incorre
l’amministrazione per l’esercizio delle sue funzioni pubbliche è inquadrabile
nella responsabilità da fatto illecito, sia pure con gli inevitabili
adattamenti richiesti dalla sua collocazione ordinamentale nei rapporti
intersoggettivi, quale risultante dall’evoluzione storico-istituzionale e di
diritto positivo che la ha caratterizzata.
Infatti, mentre la responsabilità da inadempimento si fonda,
ai sensi dell’art. 1218 c.c., sul non esatto adempimento della «prestazione»
cui il debitore è obbligato in base al contratto, un vincolo obbligatorio di
analoga portata non può essere configurato per la pubblica amministrazione che
agisce nell’esercizio delle sue funzioni amministrative e quindi nel
perseguimento dell’interesse pubblico definito dalla norma attributiva del
potere. Sebbene a quest’ultimo si contrapponga l’interesse legittimo del
privato, la relazione giuridica che si instaura tra il privato e
l’amministrazione è caratterizzata da due situazioni soggettive entrambe
attive, l’interesse legittimo del privato e il potere dell’amministrazione
nell’esercizio della sua funzione. In questo caso, quindi, è configurabile non
già un obbligo giuridico in capo all’amministrazione – rapportabile a quello
che caratterizza le relazioni giuridiche regolate dal diritto privato - bensì
un potere attribuito dalla legge, che va esercitato in conformità alla stessa e
ai canoni di corretto uso del potere individuati dalla giurisprudenza.
Ne deriva anche che la fattispecie risarcitoria non può
essere ricondotta alla dibattuta nozione di “contatto sociale”, in quanto si
tratta di una nozione che può essere impiegata soltanto per inquadrare (almeno
secondo un certo orientamento) la responsabilità precontrattuale ovvero nel
solo diritto privato i diversi istituti riconducibili alle cosiddette
“professioni protette”.
Inoltre, nella progressiva espansione delle forme di tutela,
rispetto alla sola azione di annullamento, conosciute nel nostro ordinamento
positivo dall’interesse legittimo, approdato ormai a una dimensione
sostanzialistica, quale interesse correlato a un “bene della vita” coinvolto
nell’esercizio della funzione pubblica, ha assunto un ruolo di rilievo la
tutela risarcitoria, ammessa anche nei confronti del potere pubblico,
originariamente sulla base di normative di carattere settoriale – segnatamente
nelle procedure di affidamento di contratti pubblici, in materia edilizia, per
il danno da ritardato rilascio del titolo a costruire – cui hanno fatto seguito
le disposizioni a carattere generale contenute dapprima nel D.L.vo n. 80 del
1998 (in parte qua non dichiarate incostituzionali) e nella L. n. 205 del 2000,
e poi nel codice del processo amministrativo.
Il codice del processo amministrativo ha dato una sistemazione definitiva, nell’ambito della «tutela piena ed effettiva» da esso prevista (art. 1), prevedendo la devoluzione al giudice amministrativo delle controversie «relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, pure se introdotte in via autonoma» (art. 7, comma 4) e riconoscendo la possibilità di domandare «la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria» (art. 30, comma 2). Tanto nell’un caso («risarcimento per lesione di interessi legittimi» o «risarcimento di danni per lesioni di interessi legittimi»: art. 30, commi 3 e 6), quanto nell’altro («risarcimento dell’eventuale danno che il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento»: art. 30, comma 4), la misura risarcitoria deve realizzarsi entro termini significativamente previsti dal legislatore a pena di decadenza, giustificati sul piano costituzionale da esigenze di «certezza del rapporto giuridico amministrativo, anche nella sua declinazione risarcitoria» (Corte costituzionale, sentenza 4 maggio 2017, n. 94; § 6.1).
Il legislatore ha dunque progressivamente esteso ai casi di illegittimo esercizio del potere pubblico la tutela risarcitoria disciplinata dall’art. 2043 c.c., in cui è affermato un principio generale dell’ordinamento, secondo cui qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.
Riferimenti Normativi: