Diritto processuale penale
Giudizio
13 | 08 | 2022
Il «ragionevole dubbio» secondo la Corte di Cassazione
Riccardo Radi
Con sentenza n. 25016 dell’8
aprile 2022, depositata il 30 giugno 2022, la seconda sezione penale della
Corte di Cassazione ha esaminato la questione relativa alla valutazione degli
indizi per convalidare, sul piano logico-giuridico, il giudizio di colpevolezza
e in tal modo ha definito il principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
Per quel che concerne il
significato da attribuire alla locuzione "oltre ogni ragionevole
dubbio", presente nel testo novellato del richiamato art. 533 c.p.p. quale
parametro cui conformare la valutazione inerente all'affermazione di responsabilità
dell'imputato, è opportuno evidenziare che, al di là dell'icastica espressione,
mutuata dal diritto anglosassone, ne costituiscono fondamento il principio
costituzionale della presunzione di innocenza e la cultura della prova e della
sua valutazione, di cui è permeato il nostro sistema processuale.
Si è, in proposito,
esattamente osservato che detta espressione ha una funzione meramente
descrittiva più che sostanziale, giacché, in precedenza, il "ragionevole
dubbio" sulla colpevolezza dell'imputato ne comportava pur sempre il
proscioglimento a norma dell'art. 530, comma 2, c.p.p., sicché non si è in
presenza di un diverso e più rigoroso criterio di valutazione della prova
rispetto a quello precedentemente adottato dal codice di rito, ma è stato ribadito
il principio, già in precedenza immanente nel nostro ordinamento costituzionale
ed ordinario (tanto da essere già stata adoperata dalla giurisprudenza della
Corte Suprema - per tutte, Cass. pen., sez. un., 10 luglio 2002, n. 30328 -, e
solo successivamente recepita nel testo novellato dell'art. 533 c.p.p.),
secondo cui la condanna è possibile soltanto quando vi sia la certezza
processuale assoluta della responsabilità dell'imputato (Cass. pen., sez. II,
21 aprile 2006, n. 19575; Cass. pen., sez. II, 2 aprile 2008, n. 16357).
Ciò comporta che il vizio
di motivazione va escluso quando il ragionamento sia effettivamente adeguato a
superare il ragionevole dubbio e, per converso, sussiste quando le alternative
proposte dalla difesa siano logiche e fondate su elementi di prova acquisiti al
processo e regolarmente prospettati. Infatti, la condanna può essere
pronunciata a condizione che il dato probatorio acquisito lasci fuori soltanto
eventualità remote, pur astrattamente formulabili e prospettabili come
possibili "in rerum natura" ma la cui effettiva realizzazione, nella
fattispecie concreta, risulti priva del benché minimo riscontro nelle emergenze
processuali, ponendosi al di fuori dell'ordine naturale delle cose e della
normale razionalità umana (Cass. pen. 17921/201; Cass. pen. 2548/2015; Cass. pen.
20461/2016).
La regola di giudizio
contenuta nell'art. 533, comma 1, cod. proc. pen., come modificato dall'art. 5,
L. 20 febbraio 2006, n. 46 impone, infatti, al giudice il ricorso "ad un
metodo dialettico di verifica dell'ipotesi accusatoria secondo il criterio del
dubbio, con la conseguenza che il giudicante deve effettuare detta verifica in
maniera da scongiurare la sussistenza di dubbi interni (ovvero la
autocontraddittorietà o la sua incapacità esplicativa) o esterni alla stessa
(ovvero l'esistenza di un'ipotesi alternativa dotata di razionalità e
plausibilità pratica)" (cfr., così, Cass. pen., sez. I, 24 ottobre 2011,
n. 41110).
Si è chiarito che tale principio, però, non ha affatto innovato la natura del sindacato della Corte di Cassazione sulla motivazione della sentenza e non può, quindi, essere utilizzato per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla difesa, una volta che tale duplicità sia stata oggetto di attenta disamina da parte del giudice dell'appello.
La condanna al là di ogni ragionevole dubbio comporta, infatti, in caso di prospettazione di un'alternativa ricostruzione dei fatti, che siano individuati gli elementi di conferma dell'ipotesi ricostruttiva accolta, "in modo da far risultare la non razionalità del dubbio derivante dalla stessa ipotesi alternativa, non potendo detto dubbio fondarsi su un'ipotesi del tutto congetturale, seppure plausibile" (cfr., Cass. pen., sez. IV, 7 giugno 2011, n. 30862; conf., Cass. pen., sez. IV, 25 marzo 2014, n. 22257).
Riferimenti Normativi: