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Diritto civile

Persone e Famiglia

02 | 07 | 2021

Va revocato l’assegno di mantenimento al figlio maggiorenne che non vuole lavorare né studiare

Gian Ettore Gassani

Con ordinanza n. 18785 del 2 luglio 2021, la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha affrontato la questione della legittimità della revoca dell’assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne in caso di sua colpevole inerzia e mancanza di un progetto formativo.

La Suprema Corte, dopo aver premesso che l'accertamento di fatto sull'inerzia, desunta dalla non accettazione dell'offerta lavorativa del padre, non è censurabile nel giudizio di legittimità, si è concentrata sul concorrente profilo della mancanza di un progetto formativo effettivo.

Va premesso, in via generale, che il diritto del figlio maggiorenne al mantenimento si giustifica all'interno e nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso formativo, tenendo conto delle sue capacità, inclinazioni ed aspirazioni, considerato che la funzione educativa del mantenimento è nozione idonea a circoscrivere la portata dell'obbligo di mantenimento, sia in termini di contenuto, sia di durata, avendo riguardo al tempo occorrente e mediamente necessario per il suo inserimento nella società (Cass. civ., sez. VI, 5 marzo 2018, n. 5088; Cass. civ., sez. I, 22 giugno 2016, n. 12952).

Di conseguenza, deve escludersi che l'assegno di mantenimento persegua una funzione assistenziale incondizionata dei figli maggiorenni disoccupati, di contenuto e durata illimitata, dovendo il relativo obbligo di corresponsione venire meno nel caso in cui il mancato raggiungimento dell'indipendenza economica si possa ricondurre alla mancanza di un impegno effettivo verso un progetto formativo rivolto all'acquisizione di competenze professionali o dipenda esclusivamente da fattori oggettivi contingenti o strutturali legati all'andamento dell'occupazione e del mercato del lavoro.

Deve osservarsi, al riguardo, che la strutturale impossibilità di acquisire una capacità reddituale idonea a garantire almeno il grado minimo di autosufficienza economica, ove disancorata dai requisiti sopra illustrati, su cui poggia l'assegno di mantenimento per i figli maggiorenni non autosufficienti, confluisce negli obblighi alimentari.

A tal fine, la valutazione delle circostanze che giustificano la cessazione dell’obbligo in esame va effettuata dal giudice del merito caso per caso e deve fondarsi su un accertamento di fatto che abbia riguardo all'età, all'effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all'impegno rivolto verso la ricerca di un'occupazione lavorativa nonché, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, dal raggiungimento della maggiore età, da parte dell'avente diritto (Cass. civ., sez. VI, 5088/2018 cit.; Cass. civ., sez. I, 12952/2016 cit.).

Al riguardo, infine, va precisato che costituisce un elemento rilevante il raggiungimento di un'età nella quale il percorso formativo e di studi, nella normalità dei casi, è concluso, posto che la condizione di persistente mancanza di autosufficienza economico reddituale, in mancanza di ragioni individuali specifiche (di salute, o dovute ad altre peculiari contingenze personali, o, come già osservato dovute ad un ciclo formativo da concludere se intrapreso e proseguito concretamente) costituisce un indicatore forte d'inerzia colpevole (Cass. civ., sez. VI, 5088/2018 cit.). 

Per quanto concerne il caso di specie, i giudici di legittimità hanno reputato legittimo il provvedimento di revoca adottato da parte della Corte territoriale che, in piena conformità ai principi giurisprudenziali su esposti, nella motivazione del provvedimento impugnato ha dato conto degli elementi presuntivi alla luce dei quali è pervenuta al convincimento circa la colpevolezza del figlio nel mancato raggiungimento dell'indipendenza economica: l'età avanzata dello stesso (di anni ventisei all'epoca del procedimento di appello), il suo rifiuto ingiustificato di proseguire l'attività commerciale che padre e zio gli avevano prospettato attraverso la messa a disposizione di un locale, nonché la sua scarsa propensione agli studi.

Riferimenti Normativi:

  • Art. 6, 1° dicembre 1970, n. 898
  • Art. 315-bis c.c.
  • Art. 316-bis c.c.