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Diritto processuale penale

Soggetti

21 | 04 | 2023

La parte civile assume tale qualità sin dal momento della sua costituzione senza necessità di un provvedimento ammissivo del giudice, neppure implicito

Valerio de Gioia

Con sentenza n. 17169 del 16 gennaio 2023, depositata il 21 aprile 2023, la quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha ribadito l’orientamento consolidato, oltre che autorevole, espresso dalle Sezioni Unite (Cass. pen., sez. un., 19 maggio 1999, n. 12), per cui l'ordinanza dibattimentale di esclusione della parte civile è sempre e definitivamente inoppugnabile, mentre invece quella di inammissibilità o di rigetto della richiesta di esclusione è impugnabile, da parte dell'imputato, unitamente all'impugnazione della sentenza (Cass. pen., sez. VI, 7 gennaio 2015, n. 2329; Cass. pen., sez. VII, 11 ottobre 2012, n. 10880). Il soggetto danneggiato, una volta estromesso dal processo, perde la qualità di parte e non è più legittimato ad impugnare l'eventuale sentenza assolutoria dell'imputato, che non contiene alcuna statuizione decisoria che lo riguardi in connessione con il provvedimento dibattimentale di esclusione. Questo - com'è stato efficacemente affermato in dottrina - non ha in realtà carattere meramente ordinatorio, ma chiude definitivamente il rapporto processuale civile davanti al giudice penale esaurendone gli effetti. Le Sezioni Unite richiamavano la sentenza della Corte costituzionale, n. 166 del 1975, chiamata a pronunziarsi sulla conformità della previgente disciplina degli artt. 99, 100 e 190 c.p.p., nella parte in cui non consentivano l'impugnazione dell'ordinanza che respingeva la richiesta di costituzione di parte civile, per presunto contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, e che dichiarò non fondata la questione di legittimità costituzionale, sul duplice rilievo che "resta impregiudicato, per il danneggiato, l'esercizio dell'azione risarcitoria in sede civile", mentre "un diverso sistema di attuazione del diritto di difesa, imperniato sull'immediata impugnabilità da parte del danneggiato dell'ordinanza che ne esclude la costituzione di parte civile, non sarebbe del resto realizzabile senza grave intralcio per la prosecuzione del processo penale, confliggendo con le esigenze di speditezza di questo". Secondo il nuovo codice di rito l'esclusione della parte civile non solo non pregiudica l'esercizio in sede civile dell'azione risarcitoria, ma per il relativo giudizio, in considerazione del carattere necessitato e non volontario dell'"esodo", non opera il meccanismo di stasi previsto dall'art. 75, comma 3, c.p.p. in attesa della conclusione del giudizio penale; con l'ulteriore conseguenza d'indubbio rilievo che, in questo caso, "... il processo civile proseguirà il suo corso senza essere in alcun modo influenzato dal processo penale ..." (Relazione al Progetto preliminare, p. 173) e sarà quindi inapplicabile nei confronti del danneggiato l'efficacia vincolante dell'eventuale giudicato assolutorio (artt. 75, comma 2, e 652, comma 1, c.p.p.). Tanto premesso, in ordine alla inoppugnabilità del provvedimento di esclusione della parte civile, nel caso in esame si verte proprio in una fattispecie di esclusione, in quanto la parte civile assume la qualità di parte nel processo sin dal momento della sua costituzione, mediante il deposito della dichiarazione in udienza o con la notificazione della stessa alle altre parti ai sensi dell'art. 78 c.p.p., senza necessità di un provvedimento ammissivo, sia pure implicito, del giudice, fatta salva la possibilità di provvedere all'esclusione della stessa d'ufficio o su richiesta delle altre parti ex artt. 80 e 81 c.p.p. (Cass. pen., sez. III, 18 febbraio 2020, n. 15768). Data la inoppugnabilità del provvedimento di esclusione deve verificarsi se si incorra in un caso di abnormità. A tal proposito deve richiamarsi l'insegnamento delle Sezioni Unite (Cass. pen., sez. un., 26 marzo 2009, n. 25957: l'area dell'abnormità, ricorribile per cassazione, nella sua duplice accezione, strutturale e funzionale, va ricondotta ad un fenomeno unitario, caratterizzato dallo sviamento della funzione giurisdizionale, inteso non tanto quale vizio dell'atto, che si aggiunge a quelli tassativamente stabiliti dall'art. 606, comma 1, c.p.p., quanto come esercizio di un potere in difformità dal modello descritto dalla legge. L'abnormità strutturale è riconoscibile soltanto nel «caso di esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall'ordinamento processuale (carenza di potere in astratto), ovvero di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo di modello legale nel senso di esercizio di un potere previsto dall'ordinamento, ma in una situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge e cioè completamente al di fuori dei casi consentiti, perché al di là di ogni ragionevole limite (carenza di potere in concreto). L'abnormità funzionale, riscontrabile nel caso di stasi del processo e di impossibilità di proseguirlo, va limitata all'ipotesi in cui il provvedimento giudiziario imponga al pubblico ministero un adempimento che concretizzi un atto nullo rilevabile nel corso futuro del procedimento o del processo» (Cass. pen., sez. un., 26 marzo 2009, n. 25957; Cass. pen., sez. un., 18 gennaio 2018, n. 20569). Resta escluso che, come precisato anche dalla dottrina, possa invocarsi la categoria dell'abnormità per giustificare la ricorribilità immediata per cassazione di atti illegittimi, affetti soltanto da nullità o comunque sgraditi e non condivisi (Cass. pen., sez. un., 22 novembre 2000, n. 33), perché tanto si tradurrebbe nella non consentita elusione del regime di tassatività dei casi di impugnazione e dei mezzi esperibili, stabilito dall'art. 568, comma 1, c.p.p. (Cass. pen., sez. un., 18 gennaio 2018, n. 20569). Il caso in esame concerne un provvedimento assunto ai sensi dell'art. 80 c.p.p. nell'esercizio di un potere attribuito al giudice, esercitato nelle forme proprie, consentite dall'ordinamento. Né ricorre il caso di una anomalia "funzionale", in quanto nel caso in esame non si verifica alcuna regressione del procedimento, e anzi proprio l'inoppugnabilità del provvedimento ora censurato ha la funzione di non determinare il rallentamento del processo, con una parentesi che creerebbe una situazione di stallo, come evidenziato dalle Sezioni Unite.

Riferimenti Normativi:

  • Art. 75 c.p.p.
  • Art. 80 c.p.p.
  • Art. 81 c.p.p.