Diritto processuale penale
Ordinamento penitenziario
10 | 11 | 2022
Corte Costituzionale: sull'ergastolo ostativo il decreto “Nordio” impone la restituzione al giudice rimettente
Valerio de Gioia
Con ordinanza n. 227 del 10 novembre 2022, la Corte
Costituzionale ha restituito gli atti alla prima sezione penale della Corte di
Cassazione che, con ordinanza del 3 giugno 2020, depositata il 18 giugno 2020, aveva
sollevato, in riferimento agli artt. 3, 27, comma 3, e 117, comma
1, Cost., questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4-bis, comma 1, e
58-ter, L. 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla
esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nonché dell’art.
2, D.L. 13 maggio 1991, n. 152 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla
criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell’attività
amministrativa), convertito, con modificazioni, nella L. 12 luglio 1991, n.
203, nella parte in cui escludono che possa essere ammesso alla liberazione
condizionale il condannato all’ergastolo, per delitti commessi avvalendosi
delle condizioni di cui all’art. 416-bis
c.p., ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso
previste, che non abbia collaborato con la giustizia.
La Corte Costituzionale ha rilevato che il Governo, ricevuta
la fiducia dalle Camere, con il D.L. 31 ottobre 2022, n. 162 (Misure urgenti in
materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei
detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonché in materia di
entrata in vigore del D.L.vo 10 ottobre 2022, n. 150, di obblighi di
vaccinazione anti SARS-COV-2 e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali),
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale ed entrato in vigore in pari data, ha
apportato modifiche alla disciplina prevista dall’art. 4-bis ordin. penit.,
ravvisando i presupposti di straordinaria necessità e urgenza previsti
dall’art. 77 Cost. nei «moniti rivolti dalla Corte costituzionale al
legislatore per l’adozione di una nuova regolamentazione dell’istituto al fine
di ricondurlo a conformità con la Costituzione», nonché nella «imminenza della
data dell’8 novembre 2022, fissata dalla Corte costituzionale per adottare la
propria decisione in assenza di un intervento del legislatore».
Il D.L. n. 162 del 2022 incide sulle disposizioni oggetto del
presente giudizio, riproducendo – salvo limitate modifiche – il testo del
ricordato disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati nel corso della
precedente legislatura; per quanto qui rilevante, il provvedimento d’urgenza
prevede all’art. 1, comma 1, lettera a), numero 2), l’integrale sostituzione
del comma 1-bis dell’art. 4-bis ordin. penit., e l’aggiunta di due nuovi commi
(1-bis.1 e 1-bis.2). La nuova disciplina trasforma da assoluta in relativa la
presunzione di pericolosità ostativa alla concessione dei benefici e delle
misure alternative in favore dei detenuti non collaboranti, che vengono ora
ammessi alla possibilità di farne istanza, sebbene in presenza di stringenti e
concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo.
La disciplina della collaborazione impossibile o irrilevante – pur ancora
applicabile, in forza della previsione di cui all’art. 3, comma 2, D.L. n. 162
del 2022 ai condannati e agli internati che, prima della data di entrata in
vigore del decreto-legge, abbiano commesso delitti previsti dal comma 1
dell’art. 4-bis ordin. penit. – viene sostituita dalla nuova regolamentazione
dell’accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative alla
detenzione, applicabile a tutti i detenuti ed internati che non collaborano con
la giustizia.
Quanto ai detenuti e agli internati per delitti di contesto mafioso e, in generale, di tipo associativo, i benefici possono essere loro concessi purché dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o «l’assoluta impossibilità di tale adempimento», nonché alleghino elementi specifici – diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza – che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile, nonché, ancora, la sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa. Ai detenuti per i restanti reati indicati dal comma 1 dell’art. 4-bis ordin. penit. si richiede il rispetto delle medesime condizioni, depurate, tuttavia, da indicazioni non coerenti con la natura dei reati che vengono in rilievo, sicché la richiesta allegazione deve avere ad oggetto elementi idonei ad escludere l’attualità dei collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, con il contesto nel quale il reato è stato commesso (non anche il pericolo di ripristino dei collegamenti con tale contesto). L’art. 1, comma 1, lettera a), n. 3), prevede l’ampliamento delle fonti di conoscenza cui la magistratura di sorveglianza deve ricorrere e la modifica del relativo procedimento, nonché l’onere in capo al detenuto di fornire elementi di prova contraria in caso di indizi, emergenti dall’istruttoria, dell’attuale sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva o con il contesto nel quale il reato è stato commesso, ovvero del pericolo di loro ripristino; l’art. 2, D.L. n. 162 del 2022 prevede l’innalzamento della durata del periodo di pena da espiare (per quanto qui rilevante, «almeno trenta anni di pena, quando vi è stata condanna all’ergastolo», in luogo dei precedenti ventisei) per l’accesso alla liberazione condizionale del detenuto per reati ostativi non collaborante, nonché l’allungamento della durata della libertà vigilata (dieci anni, anziché cinque) in caso di condanna all’ergastolo. Quindi, ha concluso la Consulta, si è in presenza di una modifica complessiva della disciplina interessata dalle questioni di legittimità costituzionale in esame e, per quel che qui particolarmente interessa, di una trasformazione da assoluta in relativa della presunzione di pericolosità del condannato all’ergastolo per reati ostativi non collaborante, cui è concessa – sia pur in presenza degli stringenti requisiti ricordati – la possibilità di domandare la liberazione condizionale e, così, di vedere vagliata nel merito la propria istanza; tale modifica – sebbene operata da un decreto-legge ancora in corso di conversione – incide immediatamente sul nucleo essenziale delle questioni sollevate dall’ordinanza di rimessione cosicché spetta al giudice rimettente valutare la portata applicativa dello ius superveniens nel giudizio a quo, anche all’esito del procedimento di conversione del decreto-legge.
Riferimenti Normativi: