Diritto amministrativo
Procedimento amministrativo
31 | 10 | 2023
Le interdittive antimafia c.d. «a cascata»
Emiliano Chioffi
Con sentenza n.
9357 del 31 ottobre 2023, la terza sezione del Consiglio di Stato ha ricordato
che, per costante giurisprudenza, in materia antimafia anche "le sentenze
di proscioglimento o di assoluzione hanno una specifica rilevanza, quando dalle
loro motivazioni si possa desumere che l'imprenditore, pur essendo andato
esente da condanna, abbia comunque subito, anche se incolpevolmente, un
condizionamento mafioso che ne abbia pregiudicato le libere logiche
imprenditoriali.
Come è agevole
rilevare, si tratta di una pluralità di elementi induttivi dai quali il
Prefetto ha desunto la sussistenza del rischio di infiltrazione mafiosa.
Come è noto, la
giurisprudenza amministrativa ha enucleato – in modo sistematico a partire
dalla sentenza n. 1743 del 3 maggio 2016 e con uno sforzo 'tassativizzante' –
le situazioni indiziarie, tratte dalle indicazioni legislative o dalla
casistica giurisprudenziale, che possono costituire altrettanti 'indici' o
'spie' dell'infiltrazione mafiosa, non senza precisare che esse, per la loro
stessa necessaria formulazione aperta, costituiscono un catalogo aperto e non
già un numerus clausus in modo da poter consentire all'ordinamento di poter
contrastare efficacemente l'infiltrazione mafiosa all'interno dell'impresa via
via che essa assume forme sempre nuove e sempre mutevoli.
Quanto alla
valutazione degli elementi emersi in sede istruttoria, la giurisprudenza ha
costantemente ritenuto che gli elementi indiziari vanno considerati in modo
unitario e non separatamente, e che trattandosi di una misura di prevenzione,
debba utilizzarsi il parametro del “più probabile che non”.
È stato quindi
ritenuto che “lo standard probatorio sotteso alla regola del "più
probabile che non", nel richiedere la verifica della c.d. probabilità
cruciale, impone infatti di ritenere, sul piano della tassatività processuale,
più probabile l'ipotesi dell'infiltrazione mafiosa rispetto a "tutte le
altre messe insieme", nell'apprezzamento degli elementi indiziari posti a
base del provvedimento prefettizio, che attingono perciò una soglia di coerenza
e significatività dotata di una credibilità razionale superiore a qualsivoglia
altra alternativa spiegazione logica, laddove l'esistenza di spiegazioni
divergenti, fornite di un qualche elemento concreto, implicherebbe un ragionevole
dubbio (Cons. Stato, sez. III, 26 settembre 2017, n. 4483), non richiedendosi
infatti, in questa materia, l'accertamento di una responsabilità che superi
qualsivoglia ragionevole dubbio, tipico delle istanze penali, né potendo quindi
traslarsi ad essa, impropriamente, le categorie tipiche del diritto e del
processo penale, che ne frustrerebbero irrimediabilmente la funzione
preventiva.
Ciò che connota la regola probatoria del "più probabile che non" non è un diverso procedimento logico, va del resto qui ricordato, ma la (minore) forza dimostrativa dell'inferenza logica, sicché, in definitiva, l'interprete è sempre vincolato a sviluppare un'argomentazione rigorosa sul piano metodologico, "ancorché sia sufficiente accertare che l'ipotesi intorno a quel fatto sia più probabile di tutte le altre messe insieme, ossia rappresenti il 50% + 1 di possibilità, ovvero, con formulazione più appropriata, la c.d. probabilità cruciale" (Cons. Stato, sez. III, 26 settembre 2017, n. 4483). A questo proposito è opportuno richiamare la giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. III, 27 giugno 2019 n. 4421) relativa alle c.d. interdittive “a cascata”. I giudici amministrativi hanno ritenuto che occorre tener presente la logica di anticipazione della soglia di difesa sociale tipica dell’informativa antimafia, la quale, per la sua natura cautelare e preventiva, non obbedisce a finalità di accertamento di responsabilità, bensì di massima anticipazione dell'azione cautelativa e rispetto alla quale sono per legge rilevanti fatti e vicende anche solo sintomatici ed indizianti, al di là dell'individuazione di accertate responsabilità penali. Perché possa emettersi un legittimo provvedimento interdittivo è, infatti, sufficiente il "tentativo di infiltrazione" avente lo scopo di condizionare le scelte dell'impresa, anche se tale scopo non si è in concreto realizzato; ed onde intercettare una simile fattispecie di “pericolo” occorre che gli elementi raccolti non vengano osservati in modo atomistico ma unitario, sì che la valutazione scaturisca da una considerazione del complessivo quadro indiziario, nel quale ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri. Tale impostazione è, d’altra parte, coerente con le caratteristiche fattuali e sociologiche del fenomeno mafioso, che non necessariamente si concreta in fatti univocamente illeciti, potendo fermarsi alla soglia dell'intimidazione, dell'influenza e del condizionamento latente di attività economiche formalmente lecite. La suddetta decisione ha quindi rilevato che uno degli indici tipici del rischio di infiltrazione mafiosa è appunto rinvenibile nella instaurazione di rapporti commerciali o associativi tra l’impresa de qua e altro soggetto imprenditoriale già ritenuto esposto al rischio di influenza criminale (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. III, 26 maggio 2016, n. 2232). Nel successivo distinguo tra vincoli associativi o relazioni commerciali caratterizzati da stabilità, persistenza e intensità, quindi di per sé sintomatici dell’esistenza di un sodalizio criminale; e relazioni imprenditoriali episodiche, inconsistenti o remote, quindi prive di autosufficiente valenza indiziaria, l’ipotesi della costituzione di un nuovo e stabile soggetto giuridico si colloca nell’ambito della prima tipologia descrittiva e ad essa si associa il massimo della rilevanza indiziaria: “la costituzione di un vincolo stabile e qualificato, come quello ravvisabile tra i due soci di una società, fonda, in particolare, la presunzione che la seconda impresa (quella, cioè, non già attinta da un’interdittiva), sia stata scelta per la condivisione degli interessi inquinati e illeciti già ravvisati nella gestione della prima … Risulta, in altri termini, estremamente probabile che, secondo l’id quod plerumque accidit, il legame societario trasmodi, nella fattispecie considerata, in sodalizio criminale o che, addirittura, quest’ultimo costituisca la causa della costituzione del vincolo associativo. Queste ultime tipologie di interdittive restano, in definitiva, giustificate dal mero rilievo della partecipazione alla nuova società di un’impresa già gravata da un’informativa ostativa e non necessitano dell’allegazione di ulteriori e diversi indici sintomatici” (Cons. Stato, sez. III, 22 giugno 2016, n. 2774).